giovedì 5 giugno 2008

Fuksas: "Diamo una casa a tutti"


Per il padre della nuova Fiera di Milano è il momento di tornare all’edilizia pubblica
FIORELLA MINERVINO
ROMA.
Al centro di Roma lo studio di Massimiliano Fuksas è un intrico di stanze, stanzette, progetti, manifesti, giovani al computer; là compare il disegno dell’aeroporto di Shenzen in Cina da approntare in 3 anni, e seguire sino al 2030, qua il progetto per il grattacielo della Regione Piemonte a Torino, o quello per un teatro per 8 mila persone ad Amiens. Costruttore di immense nuvole che paiono volare, come la Fiera di Milano, Fuksas è dotato di innegabile vis polemica, nonchè di una cultura vastissima. Sarà fra i protagonisti del prossimo congresso mondiale degli architetti a Torino.Sino a poco fa eravate star osannate, ora siete spesso al centro di polemiche infuocate, quasi pagaste una fama eccessiva. Che cosa è successo? «Ritengo si tratti d’un fenomeno italiano, non internazionale: nel mondo l’architettura è ancora importante. Altrove si fanno di continuo concorsi, nel nostro Paese sono rarissimi, la penuria di concorsi corrisponde alle scarse committenze pubbliche e a clienti in estinzione. Si sono costruiti milioni di metri quadrati in paesi devastati nel Veneto, in Lombardia, nel Sud; nessuno si lancia con odio contro quegli scempi. Il progetto firmato con forza ha una visibilità incredibile nella comunità. Non ci si preoccupa di abusivismo, i giudizi acidi cadono sui grandi, come per il cinema, la letteratura o la Tv. La parte peggiore non è soggetta a critica».Che cosa si critica, allora?«Ciò che di meglio esprime la nostra società. Prendiamo ad esempio le torri: non si attaccano quelle costruite a Milano negli Anni ’80, ma le tre previste ora per Citylife o le due di Torino, quella di Renzo Piano e la mia. Si critica il poco di positivo, il resto non si tocca. E’ comprensibile, l’Italia è il Paese con il maggior numero di riviste d’architettura, ne ho contate 185. Possediamo bravissimi artigiani, ottime piccole imprese, insomma parrebbe un Paese di grande creatività che sostenga l’architettura, con intelligenti committenti quali Alessi o Armani e altri che sostengono questo "made in Italy’ con forza e coraggio».Ma quali sono allora gli elementi negativi?«L’odio contro gli architetti consacrati: esistono 130 mila studenti in università ormai mediocri e 130 mila architetti sono un fatto impensabile: dunque ci si scaglia ciecamente contro i pochi che costruiscono. C’è un aspetto compassionevole. A nessun giovane, prima dei 50 anni, è garantita una via sicura o notorietà, anche dai committenti odierni: finanza, fondi pensioni e altro. Lo Stato non ha un progetto. Tutti noi il grosso lo abbiamo fatto all’estero, è quindi giusto che gli architetti stranieri lavorino da noi».Avrete anche voi colpe di tale stato di cose...«Errori ne abbiamo fatti pure noi. Già nella Biennale veneziana del 2000, che diressi e che avevo titolato "Less Aestetics, more Ethics", indicavo la necessità di un ritorno al valore etico e a dare ragione di quello che si fa. Oggi bisogna ripensare e costruire per un gran numero di abitanti a basso costo, perciò lo Stato deve intervenire. In fondo dall’Ina Case di Fanfani non si è fatto più nulla. In Italia abbiamo 4 milioni di stranieri da far abitare e coabitare sopportandosi. Paghiamo lo scotto delle ideologie del ’68, quartieri come le Vele, lo Zen, Scampia, hanno offerto risultati ideologici lontani dalla crescita delle famiglie. Negli Anni ’70 ideologia, sociologia, urbanistica hanno creato modelli impropri, lontani dalle necessità e imposto la logica dei vincoli che hanno bloccato molto, non però l’abusivismo. Esistono 9 milioni di case abusive, a partire dalla veranda ai grandi edifici. Ma anche oggi nessuno ci chiede di progettare quartieri di case che abbiano, oltre la quantità, anche la qualità di vita.Propone soluzioni?«Una è di unire la città: la Fiera di Rho-Pero che ho costruito a Milano aveva non solo funzione commerciale, ma emblematica: doveva far affluire e vivere un gran numero di persone. Per ora non è avvenuto. La città in genere possedeva potere, cultura, commercio e un aspetto ludico, uno scenario spettacolare dove osservare mostrare e mostrarsi. Pensiamo nella storia ad Atene, ma soprattutto Roma: aveva stadi, terme, posti per ginnastica, luoghi dove ritrovarsi; oggi è rimasto lo stadio con l’aspetto più violento dell’anfiteatro dove ci si batteva fino alla morte. Dobbiamo ricreare un rapporto di fratellanza fra la gente, non ideare solo opere irripetibili. L’architetto deve cercare di comunicare a un gran numero di persone le proprie emozioni. Ma vive una forma di isolamento: spesso anch’io mi sento solo, incapace di trasmettere agli altri ciò che vorrei. Esiste la solitudine dell’architetto “di fronte al calcio di rigore”, specie se è noto».Che cosa è cambiato dal secolo scorso in cui si pensavano e costruivano le grandi periferie?«Intanto nel mondo ci vorrebbero centinaia di migliaia di buoni architetti. In passato Khan, Le Corbusier, Niemeyer, Lucio Costa e altri hanno progettato e prodotto alla grande, ora è difficile, siamo intrappolati nella riproduzione di quello che è stato. Dal ’68 è finita la speranza del cambiamento, si vive guardando indietro, chi con Zapatero, chi con l’Olanda xenofoba. In realtà la nostra è la visione di un eterno presente, non a caso si continua a parlare di centro storico: a Roma ci vivono circa 127 mila persone contro i 3 milioni e settecento mila che abitano fuori, Venezia ha 35 mila abitanti, Mestre 250 mila, non è certo periferia. In compenso esistono gravissimi problemi di infrastrutture irrisolti che nessuno vuol risolvere. Insomma il vero problema che pochissimi avevano immaginato sono i grandi numeri: se il Paese non ritrova il senso di comunità, la balcanizzazionè è possibile come mostra il film Gomorra»Ritiene importante, visti i problemi, il congresso di Torino?«Molto, sono stato a quello di Istanbul come oratore: con 2 mila persone a ogni conferenza, era uno scambio continuo fra gli architetti dei vari Paesi e quelli turchi. I congressi servono parecchio, come le esposizioni e gli eventi che li accompagnano. Torino è sede giusta, importante, con una bellissima storia e un’architettura che invitano a riflettere su passato e futuro. Gli eventi servono alla gente per discutere, il contatto fisico è importante, anche Internet e telecamere lo sono, ma si devono integrare; non si può passare la vita al telefono, un giorno bisognerà pur incontrare l’altro».
FIORELLA MINERVINO - LA STAMPA 05.06.2008

sabato 24 maggio 2008

Perché difendo le mie periferie

L' intervento
Perché difendo le mie periferie
Visto che sto scrivendo da una ventina d' anni contro le inutili bizzarrie che perseguitano l' architettura di successo mediatico di questi ultimi tempi, non posso essere che in gran parte d' accordo con le critiche di Franco La Cecla contro i vizi degli architetti che egli nomina (sia pure con qualche distinzione), e contro la post-società di cui quegli architetti rappresentano il ritratto e che ne riproduce continuamente le immagini. Si tratta dell' eredità dell' ideologia postmodernista con l' uso oggi dei linguaggi delle avanguardie invece di quelli di ieri della storia, ambedue rovesciati di senso; ed a questa perdita di senso contribuisce anche l' architetto che fa della tecnologia il proprio scopo e che, come giustamente scrive Pierluigi Panza, marginalizza l' importanza ideale e politica dell' architettura e del disegno urbano nella gerarchia dei valori della coscienza collettiva della nostra società e dei suoi rappresentanti istituzionali. Sono meno d' accordo con l' accusa di «solipsismo», visto che è proprio la confusione (cioè il contrario della relazione tra discipline) nei confronti proprio degli obiettivi della moda, della tecnoscienza, delle arti visive e televisive, che produce imitazioni e processi di trasposizione deduttiva abusivi. Al contrario, è proprio la perdita di coscienza di ciò che solo l' architettura può dire che è colpevole dell' attuale crisi di dialogo critico con ciò che il presente propone. Quanto al riecheggiamento dello stupidissimo libro di Tom Wolfe, le critiche erano allora dirette contro il Movimento Moderno degli anni ' 10/' 30, che poco hanno a che vedere con le riflessioni di La Cecla. Ciò con cui non posso essere d' accordo è, da un lato, il titolo del libro (non sono affatto «contro l' architettura», ma contro i detrattori della sua pratica artistica e dei suoi ideali proprio attraverso allo spreco della nozione di creatività, del nuovo ridotto a novità, del monumento ridotto ad immagine di marca), e dall' altro con l' accenno alla «presa di distanza» che, almeno per quanto mi concerne, non è mai avvenuta. Specie proprio per quanto riguarda il quartiere ZEN 2, il cui progetto ho seguitato a difendere; anche a proposito proprio di quella nozione di «vicinato» a cui Panza fa riferimento.
Gregotti Vittorio
Pagina 57(23 maggio 2008) - Corriere della Sera

Architetti: la moda non fa paura

Polemiche Fa discutere la tesi dell' antropologo Franco La Cecla sui danni causati dallo style-system alle città
Architetti: la moda non fa paura
Botta: «È un male passeggero». Koolhaas «Finita l' età delle teorie»
La moda ha ucciso l' architettura o l' ha solo ferita? Per alcuni progettisti la tesi contenuta nel libro di Franco La Cecla Contro l' architettura (presentata ieri sul Corriere) non coglie nel segno: i sistemi della moda e della comunicazione, al massimo, hanno ferito l' architettura... che con un buon cordiale si riprenderà. Ma critiche e approvazioni all' invettiva dell' antropologo milanese sono di segno diverso, talvolta opposto. E questo va a suo favore. Rem Koolhaas, per La Cecla il «trend setter» di Prada, autore del breviario nichilista dell' architettura contemporanea, Junkspace (Quodlibet), non può che ribadire una tesi già espressa al Congress centre di Londra nell' intervento Dilemmas in the evolution of the city: «C' è stato un periodo in cui sapevamo esattamente quello che dovevamo fare: molti hanno scritto manifesti, dichiarando quello che stavamo facendo e alcuni hanno realizzato quei manifesti. Negli ultimi 15 anni, a causa dei nostri errori, la cultura è cambiata, e quella fede nel sapere ciò che dovevamo fare è crollata completamente. Oggi non scriviamo più manifesti, ma al massimo ritratti di città particolari, non con la speranza di sviluppare una teoria su cosa fare, ma solo con quella di capire come sono attualmente le città. La fiducia è completamente assente e ci vorrà tempo prima che ritorni». Su questa linea, ma in una forma tanto radicale da rigettare le tesi di La Cecla, è il progettista del nuovo Museo del ' 900 e del Just Cavalli Café di Milano, Italo Rota: «La moda non ha ucciso nessuno: un paio di jeans di Cavalli che migliorano la forma di un 60enne lo aiutano a vivere meglio, così come una casa a Dubai, che costa meno che in Brianza. La Cecla parla dello 0,1% del mondo degli architetti e ignora quindi il 99,9% dei problemi. Ad esempio, il fatto che i costruttori si stiano già spartendo le aree per l' Expo di Milano». Più comprensione per il j' accuse si trova abbandonando gli style-architect (ci sono anche Tadao Ando per Armani, David Chipperfield per Dolce & Gabbana...). Mario Botta, ad esempio, ritiene veritiere le critiche di La Cecla, ma toccano, afferma, «solo una degenerazione impietosa del nostro tempo. È vero che la moda ha spopolato in settori non solo di costume attraverso la pubblicità e altre forme edonistiche del vivere. Ora sembra contare solo l' immagine, ma non è così: l' architettura resta costruzione dello spazio in rapporto con un contesto, un' attività che lavora sul territorio della memoria. L' architettura è il risultato delle forze fisiche relative al processo di creazione. Se sono in atto solo quelle edonistiche è chiaro che la forma finale sia quella del decostruzionismo contemporaneo. Ma anche la moda passerà di moda». Un' analisi non dissimile è quella di Vittorio Gregotti, che di La Cecla, però, rifiuta la critica di «non assunzione di responsabilità» da parte degli architetti che hanno costruito alloggi popolari in periferia. Un tema, quest' ultimo, sul quale invece benedice le critiche di La Cecla il direttore del Domenicale, Angelo Crespi, che con il critico Nikos Salingaros ha bacchettato il decostruzionismo delle «archistar»: «Ogni civiltà ha costruito case che rappresentavano un modo di pensare e vivere; i nostri architetti fabbricano alloggi e mausolei per futuri cadaveri. Pensiamo alle periferie ideate dai modernisti: sono luoghi orrendi, degradati, in cui gli abitanti hanno come disvalore di riferimento il brutto. Pensiamo invece a quanto i borghi medievali, costruiti senza l' ausilio di urbanisti e architetti, siano integrati nel paesaggio e funzionali alla vita umana. L' architettura e l' arte hanno rinunciato a pensare in termini di bellezza». Ed è proprio Salingaros che, pur volendo riformulare l' idea di progetto su base «biologica» e «scientifica», accenna a vecchie nostalgie attraverso la citazione di alcuni amici, come Leon Krier, l' architetto classicista prediletto dal principe Carlo, e Michael Mehaffy, già «direttore educazione» della Fondazione del principe Carlo. «Leon - afferma Salingaros - non vuole mescolarsi negli affari italiani, ma dice che è totalmente disgustato della direzione che ha assunto l' architettura contemporanea italiana». Quanto a Mehaffy, afferma: «Questi progetti (il riferimento è al grattacielo di Libeskind per Milano) non aggiungono realmente qualcosa alla vita di una città, forse sono solo un' icona aziendale che potrebbe essere interessante guardare per un paio d' anni. Il prezzo urbano pagato, però, è molto elevato».
Panza Pierluigi
Pagina 57(23 maggio 2008) - Corriere della Sera

La moda ha ucciso l'architettura

J' accuse L' antropologo Franco La Cecla: «Con Koolhaas, Gehry e Fuksas l' urbanistica è in mutande»
La moda ha ucciso l' architettura
Gli stilisti usano le «archistar» per stupire. Non per migliorare le città
Il sistema della moda e dei mass media ha arricchito pochi architetti e ucciso l' urbanistica. È la sostanza della tesi che l' antropologo dell' Università San Raffaele di Milano, Franco La Cecla, dà della situazione dell' architettura in un saggio (Contro l' architettura, Bollati Boringhieri, pp.118, 12), talvolta disorganico, ma che ha la forza tipica della riflessione di uno studioso «fuori casta» e che riecheggia il celebre Maledetti architetti di Tom Wolf (1982). E' vero, la moda ha fagocitato il mondo dell' architettura, ha per lo più «ridotto» gli architetti ad artisti creatori di oggetti «alla moda», deresponsabilizzandoli nei confronti del funzionamento della città e della società. Li ha trasformati in «creatori di trend» (come «stilisti») al «servizio dei potenti di oggi... Senza Prada e Versace - afferma La Cecla - non ci sarebbero stati i vari Gehry, Koolhaas, Nouvel, Calatrava e Fuksas... Sono state le marche di moda a trasformare l' architettura in moda». Quello che gli artisti hanno trovato nel sistema delle gallerie, dei curatori e nel mercato dell' arte, gli architetti lo hanno trovato nelle vetrine e negli stilisti. Anzi, afferma La Cecla, gli architetti hanno direttamente «preso il posto della maglietta firmata, sono diventati quella maglietta e quel paio di mutande». E una volta che sono diventati mutande, anche i mass media si sono accorti degli architetti. Cancellata la critica architettonica e del restauro (anche se siamo il Paese con il 50% dei beni culturali) i media hanno fatto scivolare l' architettura, l' arte e il design dal «giornalismo culturale» al «giornalismo di moda», direi dell' «intimo», con responsabilità gravi per il nostro territorio. Tanto che ciò, come nota pure La Cecla, serve da alibi ad alcune «archistar» che finiscono con l' occuparsi «di decoro, di cose carine», come mutande disegnate da calciatori o starlet. Morti Tafuri e Zevi, alla critica e alla «scienza» urbana (non servirebbe una pianificazione collegata ai problemi dell' immigrazione? La rivolta dei cinesi a Milano e la nascita di campi rom non sarà dovuta anche a un deficit urbanistico?) si è sostituita la costruzione del consenso. Così c' è chi, come Rem Koolhaas, che diventa «un trend setter, qualcuno che apre nuove direzioni al marketing Prada». E c' è qualcun altro, come Frank O. Gehry, che si affida al «brand», al salvagente della genialità: peccato che sulla sua testa piovano accuse come quelle contenute nel libro di John Silber della Boston University dal titolo esplicito: Architettura dell' assurdo. Come il genio ha sfigurato la pratica di un' arte. Ma La Cecla accusa anche la «continua presa di distanza» degli architetti dai loro progetti una volta che questi, specie quelli delle periferie, prestano il fianco a situazioni che diventano invivibili. Il riferimento è allo Zen di Vittorio Gregotti ma, in generale, a tutta l' architettura di quegli «apostoli che dagli anni 50 alla fine degli anni 80 hanno promosso l' idea che l' abitare andasse risolto con grandi costruzioni condominiali concentrate nelle aree vuote della città», generando mostruose periferie che ricordano quelle istituzioni totali vituperate da Michel Foucault. Giustamente La Cecla individua nella spostamento di termini da «casa» ad «alloggio» l' orizzonte di questa degenerazione, il cui fallimento ha spianato la strada all' affermarsi del sistema della moda e, di conseguenza, al decostruttivismo internazionale. L' idea tayloristica di stoccare gli individui come ingranaggi di un sistema all' interno di alloggi razionali ha distrutto l' orizzonte storico-simbolico dell' architettura, ovvero quello delle relazioni primarie, ad esempio quella di vicinato, della cui perdita evidente anche gli architetti dovranno pur portare una responsabilità! Naturalmente, di fronte alle accuse di La Cecla, la comunità che si autolegittima «addetta ai lavori» già stringe le fila, cercando di depotenziare l' analisi a «logica di gossip» (Fulvio Irace, «Il Sole 24 ore») come espressione di una generica «ostilità al progetto». Vero è che La Cecla riduce la complessità del Movimento Moderno e si lascia andare a una adulazione per Renzo Piano del tutto fuori contesto, ma mette a nudo le responsabilità del mondo dell' architettura. Gli architetti sono rimasti in mutande a causa della loro ostinata volontà di rifondare solo dall' interno la loro disciplina (creando università fondate per scuole stilistiche) e non dal confronto con gli altri nuovi campi del sapere, strutturando per decenni un pensiero «unico» di riferimento, costruendo mostruose periferie consegnandosi, poi, talvolta, alla speculazione edilizia, tanto che le questioni in cui oggi si trovano impelagati sono «per lo più irrilevanti». Detto questo, non tutti i rilievi sono acriticamente accettabili: intanto bisogna essere consci che siamo di fronte a una smaterializzazione della civiltà con una conseguente ineludibile perdita di centralità dell' architettura. L' essere «al servizio dei potenti di turno» (gli stilisti) non è una novità: i grandi architetti sono sempre stati al servizio dei potenti di turno. Riuscire a ispirare un «trend» sarebbe un bene per gli architetti, se ciò non fosse fine a se stesso. Infine, il decostruttivismo internazionale, con i suoi limiti, è una testimonianza simbolica della società liquida, dello «stupefacente» e della trasformazione genetica e ha fornito anche sollecitazioni e sviluppo al settore e alla società. Ma è anche un monito sul solipsismo «stilistico» in cui si rifugia l' architettura di fronte alle difficoltà di confrontarsi con problematiche come il protocollo di Kyoto, l' affermarsi o meno di città multiculturali, le dinamiche della comunicazione e l' interrogarsi su cosa voglia dire declinare il globale nel locale, magari riesplorando anche il lascito dell' architettura organica.
Panza Pierluigi
Pagina 49(22 maggio 2008) - Corriere della Sera

sabato 10 maggio 2008

Legge regionale urbanistica 11/98

Legge regionale 6 aprile 1998, n. 11
Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d'Aosta.
(B.U. 16 aprile 1998, n. 16)
INDICE
TITOLO I
PRINCIPI
Art. 1 - Principi fondamentali
TITOLO II
PIANIFICAZIONE REGIONALE
Art. 2 - Natura e obiettivi del piano territoriale paesistico
Art. 3 - Impianto normativo del PTP
Art. 4 - Contenuto del PTP
Art. 5 - Varianti al PTP
Art. 6 - Riconsiderazione del PTP
Art. 7 - Misure di salvaguardia riguardanti le varianti al PTP e relative deroghe
Art. 8 - Deroghe alle determinazioni del PTP
Art. 9 - Attuazione del PTP e controllo dinamico della stessa
Art. 10 - Disciplina degli altri strumenti regionali aventi attinenza con la pianificazione urbanistica e/o paesaggistica
TITOLO III
PIANIFICAZIONE COMUNALE
Art. 11 - Piano regolatore generale comunale urbanistico e paesaggistico
Art. 12 - Contenuti ed elaborati del PRG
Art. 13 - Adeguamento dei PRG
Art. 14 - Modifiche e varianti al PRG
Art. 15 - Procedure per la formazione, l'adozione e l'approvazione delle varianti sostanziali al PRG
Art. 16 - Procedure per la formazione, l'adozione e l'approvazione delle varianti non sostanziali al PRG
Art. 17 - Procedure per la formazione e l'approvazione delle modifiche al PRG
Art. 18 - Pubblicazione di varianti previste da leggi di settore
Art. 19 - Riconsiderazione del PRG
Art. 20 - Misure di salvaguardia
Art. 21 - Mezzi di conoscenza e di informazione
Art. 22 - Zone territoriali
Art. 23 - Spazi da riservare per i servizi locali e limiti di densità edilizia, altezza e distanza
Art. 24 - Indici urbanistici
Art. 25 - Azione delle Comunità montane
TITOLO IV
ACCORDI - INTESE - OPERE PUBBLICHE COMUNALI, INTERCOMUNALI E DELLE COMUNITA' MONTANE - STRUTTURE PER TELECOMUNICAZIONI
Art. 26 - Accordi di programma
Art. 27 - Procedura di formazione degli accordi di programma
Art. 28 - Pubblicazione degli accordi di programma
Art. 29 - Intesa per le opere di interesse regionale
Art. 30 - Intesa per le opere pubbliche di interesse statale
Art. 31 - Opere pubbliche comunali, intercomunali e delle Comunità montane
Art. 32 - Strutture per le radiotelecomunicazioni
TITOLO V
AMBITI INEDIFICABILI
CAPO I
AREE BOSCATE, ZONE UMIDE E LAGHI, TERRENI SEDI DI FRANE, A RISCHIO DI INONDAZIONI, DI VALANGHE O SLAVINE
Art. 33 - Aree boscate
Art. 34 - Zone umide e laghi
Art. 35 - Classificazione dei terreni sedi di frane o di fenomeni di trasporto in massa e relativa disciplina d'uso
Art. 36 - Disciplina d'uso dei terreni a rischio di inondazioni
Art. 37 - Classificazione dei terreni soggetti al rischio di valanghe o slavine e relativa disciplina d'uso
Art. 38 - Compiti dei Comuni
CAPO II
FASCE DI RISPETTO
Art. 39 - Disposizioni comuni
Art. 40 - Fasce di rispetto stradali
Art. 41 - Fasce di rispetto dei corsi d'acqua e delle vasche di carico
Art. 42 - Fasce di tutela, rispetto e protezione delle captazioni e delle opere di stoccaggio delle acque per consumo umano
Art. 43 - Ulteriori fasce di rispetto
TITOLO VI
PIANI, PROGRAMMI E PROGETTI ATTUATIVI
CAPO I
PROGETTI E PROGRAMMI ATTUATIVI DEL PTP
Art. 44 - Progetti e programmi integrati
Art. 45 - Progetti operativi integrati
Art. 46 - Programmi integrati
Art. 47 - Programmi di sviluppo turistico
CAPO II
PIANI E PROGRAMMI ATTUATIVI DEL PRG
Art. 48 - Piani urbanistici di dettaglio
Art. 49 - PUD di iniziativa privata
Art. 50 - PUD di iniziativa pubblica
Art. 51 - Programmi integrati, intese e concertazioni per la riqualificazione del territorio
Art. 52 - Disciplina applicabile nelle zone territoriali di tipo A
TITOLO VII
DISCIPLINA DELL'ATTIVITA' EDILIZIA
CAPO I
REGOLAMENTO EDILIZIO E COMMISSIONE EDILIZIA
Art. 53 - Regolamento edilizio
Art. 54 - Regolamento edilizio tipo. Approvazione del regolamento edilizio
Art. 55 - Commissione edilizia
Art. 56 - Colore e arredo urbano
Art. 57 - Poteri del Sindaco per l'applicazione del regolamento edilizio e sanzioni
Art. 58 - Poteri del Sindaco di ordinare manutenzioni
CAPO II
LEGITTIMAZIONE DELL'ATTIVITA' EDILIZIA
Art. 59 - Titoli abilitativi
Art. 60 - Concessione edilizia
Art. 61 - Denuncia di inizio dell'attività o di esecuzione di varianti in corso d'opera
Art. 62 - Opere dei Comuni
Art. 63 - Certificato urbanistico
CAPO III
ONEROSITA' DELLE CONCESSIONI EDILIZIE
Art. 64 - Contributo per il rilascio della concessione
Art. 65 - Determinazione degli oneri di urbanizzazione
Art. 66 - Determinazione del costo di costruzione per i nuovi edifici e per gli interventi su edifici esistenti a destinazione residenziale
Art. 67 - Edilizia convenzionata
Art. 68 - Concessione gratuita
Art. 69 - Concessioni relative ad opere o impianti non destinati alla residenza
Art. 70 - Versamento del contributo afferente alla concessione
Art. 71 - Destinazione dei proventi delle concessioni
Art. 72 - Ritardato o omesso versamento del contributo afferente alla concessione
CAPO IV
DESTINAZIONE D'USO
Art. 73 - Destinazioni d'uso e relative categorie
Art. 74 - Mutamento della destinazione d'uso
TITOLO VIII
VIGILANZA E SANZIONI
Art. 75 - Vigilanza sulle trasformazioni urbanistiche o edilizie
Art. 76 - Provvedimenti urgenti in sede di vigilanza
Art. 77 - Provvedimenti conseguenti all'esecuzione di trasformazioni in assenza di concessione, in totale difformità da essa o con variazioni essenziali
Art. 78 - Definizione delle trasformazioni in totale difformità dalla concessione o con variazioni essenziali
Art. 79 - Provvedimenti conseguenti alla realizzazione di ristrutturazioni edilizie in assenza di concessione o in totale difformità dalla concessione
Art. 80 - Provvedimenti conseguenti a difformità parziali
Art. 81 - Provvedimenti conseguenti a trasformazioni abusive in immobili di proprietà della Regione, di Comuni o di Comunità montane
Art. 82 - Provvedimenti conseguenti alle violazioni in tema di denuncia di inizio dell'attività o di esecuzione di varianti in corso d'opera
Art. 83 - Annullamento della concessione
Art. 84 - Sanatoria
Art. 85 - Lottizzazione abusiva
Art. 86 - Soggetti responsabili
Art. 87 - Procedura per la riduzione in pristino e poteri sostitutivi
TITOLO IX
POTERI DI DEROGA E DI ANNULLAMENTO
Art. 88 - Poteri di deroga
Art. 89 - Annullamento di provvedimenti comunali
TITOLO X
NORME FINALI
Art. 90 - Disposizioni relative al piano regolatore della conca di Pila
Art. 91 - Vincoli preordinati all'espropriazione e vincoli che comportano inedificabilità
Art. 92 - Opere costruite su aree soggette al divieto di attività edificatoria ai sensi di norme regionali non più vigenti
Art. 93 - Pubblicità stradale
Art. 94 - Servitù militari
Art. 95 - Norme di integrazione delle vigenti disposizioni statali in materia di altezza minima e di requisiti igienico-sanitari dei locali di abitazione
Art. 96 - Modificazioni
Art. 97 - Applicazione di disposizioni statali in materia edilizia e urbanistica
Art. 98 - Abrogazioni
Art. 99 - Disposizioni transitorie
Art. 100 - Entrata in vigore
TITOLO I
PRINCIPI
Art. 1
(Principi fondamentali)
1. Con la presente legge, la Regione determina le condizioni giuridiche riguardanti l'uso del proprio territorio, idonee a perseguire lo sviluppo sostenibile del territorio medesimo.
2. Per sviluppo sostenibile si intende lo sviluppo che soddisfa i bisogni delle generazioni presenti, salvaguardando il diritto di tutti a fruire, con pari possibilità, delle risorse del territorio, senza pregiudicare la soddisfazione dei bisogni delle generazioni future, nella consapevolezza della particolare rilevanza ambientale che caratterizza il territorio della Regione.
3. La pianificazione territoriale-paesistica, urbanistica, di settore e la programmazione generale e settoriale sono orientate a perseguire uno sviluppo sostenibile gestendo le risorse in modo misurato e compatibile con l'ambiente, tutelando il paesaggio e i beni culturali, riservando all'agricoltura le buone terre coltivabili, perseguendo il pieno recupero del patrimonio edilizio, qualificando le zone a destinazione artigianale e industriale e riservando aree adeguate agli impianti ed alle strutture di interesse pubblico, evitando l'edificazione sparsa e favorendo una distribuzione equilibrata della popolazione sul territorio.
4. Le trasformazioni edilizie o urbanistiche del territorio, ivi inclusi i mutamenti delle destinazioni d'uso ancorché non accompagnati da opere edilizie, incidenti sui pesi insediativi o sull'ambiente, devono rispettare le norme della presente legge, nonché quelle delle altre leggi, dei regolamenti e dei piani di volta in volta applicabili.
5. Al fine di garantire tale rispetto, le trasformazioni di cui al comma 4 sono soggette al controllo, esercitato dai competenti organi pubblici, di cui alle disposizioni normative in materia.
5bis. La Regione attua, altresì, ogni attività per la comunicazione, la promozione, l'educazione e la formazione in materia ambientale, utile al conseguimento delle finalità di cui al presente articolo (obiettivo programmatico 2.2.1.09, capitoli 67390 parz., 67460 parz.). (1)
TITOLO II
PIANIFICAZIONE REGIONALE
Art. 2
(Natura e obiettivi del piano territoriale paesistico)
1. L'attività della Regione e dei Comuni per il governo del territorio nell'ambito delle rispettive competenze, nonché l'azione di tutela e valorizzazione dei beni immobili di interesse artistico e storico soggetti alla legge 1 giugno 1939, n. 1089 (Tutela delle cose d'interesse artistico), e dei beni paesistici e ambientali di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze naturali), e al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), convertito, con modificazioni, in legge 8 agosto 1985, n. 431, e dei beni di interesse storico, artistico e paesistico di cui alla legge regionale 10 giugno 1983, n. 56 (Misure urgenti per la tutela dei beni culturali), sono orientate dal piano territoriale paesistico (PTP). Per quanto riguarda l'azione di tutela e di valorizzazione dei beni anzidetti, l'orientamento dettato dal PTP opera ai fini sia delle determinazioni riguardanti le richieste di autorizzazione sia della formazione di nuovi vincoli ai sensi delle leggi citate.
2. Restano salve le determinazioni specifiche e puntuali recate dai provvedimenti di vincolo emanati ai sensi delle leggi di cui al comma 1.
3. Il PTP è il piano urbanistico-territoriale avente specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali ai fini e per gli effetti di cui all'art. 1 bis della l. 431/1985.
4. Il PTP assolve altresì le funzioni di cui all'art. 15, comma 2, della legge statale 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali).
5. Il PTP considera l'intero territorio regionale, al quale si applica senza esclusioni; il PTP stesso persegue gli obiettivi di assicurare uno sviluppo sostenibile, di tutelare e valorizzare il paesaggio, di renderne evidenti e fruibili i valori e di garantire la stabilità ecologica.
6. La Regione è dotata di PTP, avente la natura e gli obiettivi di cui al presente articolo.
Art. 3
(Impianto normativo del PTP)
1. Il PTP reca determinazioni che si articolano in:
a) prescrizioni direttamente cogenti e prevalenti. Le prescrizioni direttamente cogenti e prevalenti hanno quali destinatari tutti i soggetti, pubblici e privati, che operano nel territorio della Regione, senza necessità di previa ricezione per mezzo di strumenti o atti sottordinati; tali prescrizioni, ove contrastino con gli strumenti di pianificazione urbanistica, con i regolamenti o con i progetti o i programmi o i piani di settore, prevalgono sugli strumenti, sui regolamenti, sui progetti, sui programmi e sui piani medesimi; gli strumenti di pianificazione locale e i regolamenti devono comunque essere adeguati alle prescrizioni di cui alla presente lettera, nel termine stabilito dalla presente legge;
b) prescrizioni mediate. Le prescrizioni mediate hanno quali destinatari i soggetti autori di strumenti di pianificazione, di regolamenti, di progetti o di programmi che incidono sul territorio; tali prescrizioni sono recepite, nel termine stabilito dalla presente legge, negli strumenti ed atti predetti; le prescrizioni stesse si applicano sul territorio in seguito a tale ricezione;
c) indirizzi. Gli indirizzi hanno quali destinatari i soggetti di cui alla lett. b). Gli strumenti di pianificazione urbanistica e i regolamenti, ove del caso adeguati nel termine stabilito dalla presente legge, traducono gli indirizzi nella realtà oggetto della loro disciplina, attraverso l'interpretazione, l'approfondimento e la precisazione che risultano necessari; parimenti operano i progetti, i programmi, i piani di settore, che incidono sul territorio, per quanto non è disciplinato dagli strumenti di pianificazione urbanistica e dai regolamenti adeguati agli indirizzi espressi dal PTP. Lo scostamento dagli indirizzi ad opera degli strumenti e degli atti sopra indicati richiede idonea motivazione.
Art. 4
(Contenuto del PTP)
1. Il PTP reca le indicazioni di cui all'art. 15, comma 2, lett. a), b), c) e d), della l. 142/1990.
2. Il PTP definisce:
a) l'organizzazione generale del territorio e la sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso, godimento e disciplina;
b) gli indirizzi per i sistemi di trasporto e di viabilità nonché per le reti infrastrutturali e i criteri localizzativi degli impianti, delle attrezzature e dei servizi di rilievo territoriale;
c) gli indirizzi e i criteri da osservare per la distribuzione territoriale delle attività e della popolazione;
d) i vincoli, le cautele e, in genere, le prescrizioni da applicare per la disciplina di uso e di trasformazione delle diverse aree e delle diverse risorse, con particolare riguardo per la tutela del suolo e delle risorse primarie, dell'ambiente naturale, del patrimonio storico, artistico e culturale e del paesaggio;
e) le condizioni da rispettare nell'attuazione di esso.
3. Il PTP reca altresì norme generali di tutela con riguardo ai beni di rilievo archeologico, architettonico, storico e ambientale.
Art. 5
(Varianti al PTP)
1. La struttura regionale competente in materia di urbanistica provvede a dare notizia dell'avvio del procedimento di variante al PTP mediante avviso nel Bollettino ufficiale della Regione; provvede quindi alla redazione di un progetto preliminare di variante.
2. Formato il progetto preliminare di variante, la struttura regionale competente in materia di urbanistica lo trasmette ai Comuni.
3. I Comuni esprimono parere sul progetto di variante di cui al comma 1 entro centottanta giorni dalla ricezione; decorso inutilmente tale termine, si prescinde dal parere.
4. Il parere dei Comuni deve contenere valutazioni di carattere urbanistico, ambientale e socio-economico di interesse locale, tenuto anche conto dei rispettivi piani regolatori generali.
5. La valutazione dell'impatto ambientale della variante avviene con le procedure stabilite dalla legislazione regionale in materia.
6. La struttura regionale competente in materia di urbanistica acquisisce altresì i pareri degli organi consultivi regionali competenti; provvede quindi a formare il progetto definitivo della variante tenendo conto dei pareri acquisiti; rimette infine il progetto definitivo di variante alla Giunta regionale.
7. La Giunta regionale acquisisce il parere della commissione consiliare permanente, competente per materia, e quindi adotta la variante, dando avviso dell'avvenuta adozione nel Bollettino ufficiale della Regione; notizia dell'adozione è data, altresì, nella stampa a maggiore diffusione locale.
8. La consultazione pubblica sulla variante adottata dalla Giunta avviene nel corso di un periodo di sessanta giorni a far data dalla pubblicazione di cui al comma 7 nel Bollettino ufficiale della Regione; gli enti, i cittadini e comunque tutti i soggetti pubblici e privati possono presentare, presso la struttura regionale competente in materia di urbanistica, entro trenta giorni dalla scadenza del periodo utile per le consultazioni, osservazioni scritte, ove del caso munite di documenti integrativi, nel pubblico interesse ed ai fini della miglior rispondenza della variante all'interesse predetto.
9. La Giunta regionale assume, sulle osservazioni, determinazioni motivate; coordina quindi il testo della variante adottata con le determinazioni anzidette e presenta la variante al Consiglio regionale per l'approvazione, unitamente alle osservazioni raccolte e alle determinazioni assunte in proposito dalla Giunta stessa.
10. Il Consiglio regionale provvede, con legge, all'approvazione della variante; questa assume efficacia con l'entrata in vigore della legge che la approva.
Art. 6
(Riconsiderazione del PTP)
1. Decorsi dieci anni dalla data in cui il PTP ha assunto efficacia, e allo scadere di ogni successivo decennio, la Regione provvede comunque a riconsiderarne i contenuti anche in relazione all'evolversi dello stato di fatto; la disamina anzidetta è effettuata dalla Giunta regionale che riferisce al riguardo al Consiglio, formulando, ove del caso, proposte di variante.
2. Il Consiglio regionale promuove le varianti che, in esito alla riconsiderazione effettuata, reputa opportune.
Art. 7
(Misure di salvaguardia riguardanti le varianti al PTP e relative deroghe)
1. Dal giorno successivo a quello della ricezione da parte dei singoli enti locali del testo della variante adottata dalla Giunta regionale, e fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di approvazione della variante stessa, il Comune sospende ogni determinazione sui titoli abilitativi edilizi che risultino in contrasto con le prescrizioni direttamente cogenti e prevalenti della variante adottata dalla Giunta regionale; i provvedimenti di sospensione, adeguatamente motivati, sono notificati tempestivamente agli interessati.
2. Durante il periodo di tempo indicato nel comma 1, è fatto divieto di realizzare trasformazioni edilizie o urbanistiche ed interventi idonei a modificare lo stato dei luoghi, ancorché non soggetti alle procedure di assenso edilizio, che risultino in contrasto con le prescrizioni direttamente cogenti e prevalenti della variante al PTP adottata dalla Giunta regionale; la disposizione del presente comma non si applica alle trasformazioni e agli interventi per i quali si sia concluso il procedimento abilitativo anteriormente al momento in cui assumono efficacia le misure di salvaguardia della variante adottata.
3. Durante il periodo di tempo indicato nel comma 1, non è consentita l'approvazione dei progetti di opere pubbliche che risultino in contrasto con le prescrizioni direttamente cogenti e prevalenti della variante al PTP adottata dalla Giunta regionale.
4. Durante il periodo di tempo indicato nel comma 1, non è consentita l'adozione né l'approvazione di strumenti urbanistici generali e di loro varianti, di piani urbanistici di dettaglio sia di iniziativa pubblica sia di iniziativa privata e di loro varianti, di strumenti, programmi, intese e concertazioni attuativi dei piani regolatori generali comunali, di regolamenti, di programmi e di piani di settore, che risultino in contrasto con le prescrizioni direttamente cogenti e prevalenti della variante al PTP adottata dalla Giunta regionale.
5. In via eccezionale, la Giunta regionale, acquisiti, tramite la conferenza di pianificazione di cui all'art. 15, comma 3, i pareri delle strutture regionali competenti in materia di tutela del paesaggio e di urbanistica, nonché di quelle competenti per la specifica natura dell'intervento proposto, può deliberare l'esclusione dell'applicazione delle misure di salvaguardia di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 per opere di interesse generale e per specifici lavori ed interventi aventi particolare rilevanza sociale ed economica; la rilevanza predetta o l'interesse generale devono essere riconosciuti, con adeguata motivazione, nella deliberazione che ammette la deroga.
Art. 8
(Deroghe alle determinazioni del PTP)
1. In via eccezionale, la Giunta regionale, acquisiti, tramite conferenza di servizi, i pareri delle strutture regionali competenti in materia di tutela del paesaggio e di urbanistica, nonché di quelle competenti per la specifica natura dell'intervento proposto, può deliberare, in deroga alle determinazioni del PTP, l'approvazione dei progetti di opere d'interesse generale e di lavori ed interventi aventi particolare rilevanza sociale ed economica; la rilevanza predetta o l'interesse generale devono essere riconosciuti, con adeguata motivazione, nella deliberazione che ammette la deroga.
Art. 9
(Attuazione del PTP e controllo dinamico della stessa)
1. Il PTP si attua applicando le sue determinazioni secondo l'articolazione di cui all'art. 3, con il concorso di tutti i soggetti pubblici e privati che operano nel territorio della Regione.
2. L'attuazione del PTP è realizzata anche con l'impiego delle risorse finanziarie pubbliche di livello regionale e locale, in conformità alle disposizioni normative che disciplinano nei suoi vari aspetti la pubblica spesa; l'impiego delle risorse predette interviene coerentemente con le determinazioni del PTP, anche per quanto concerne l'individuazione degli interventi da finanziare o incentivare prioritariamente.
3. La Regione e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, favoriscono la tutela del paesaggio e la riqualificazione dell'ambiente, ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi del PTP, anche mediante misure perequative atte a compensare le penalizzazioni e i maggiori costi che ne possono derivare a carico di singoli soggetti.
4. La Regione assicura il continuo monitoraggio e la permanente conoscenza del territorio e delle sue trasformazioni attraverso l'integrazione dei sistemi informativi territoriali locali e di quello regionale, attivando, anche mediante intese con i soggetti pubblici e gli operatori privati interessati, sistemi conoscitivi continui, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:
a) pericolosità idrogeologica;
b) rischio di valanghe;
c) inquinamento del suolo, idrico, atmosferico, acustico;
d) degrado paesaggistico ed ambientale delle aree più sensibili;
e) aggravamento dei rischi ambientali nelle aree più critiche;
f) sovraccarico ambientale prodotto dai flussi turistici nelle aree che esercitano maggior attrazione e presentano nel contempo particolare sensibilità;
g) compromissione dei beni culturali;
h) distribuzione territoriale della popolazione residente;
i) distribuzione territoriale dell'attività edilizia;
l) flussi dei mezzi di trasporto;
m) distribuzione delle presenze turistiche nel territorio.
5. La coerenza e l'adattamento continuo del processo d'attuazione del PTP alle condizioni reali d'intervento sono assicurati anche mediante il controllo continuo e la permanente conoscenza degli aspetti di cui al comma 4. I sistemi conoscitivi di cui al comma 4 assicurano a tutti i soggetti pubblici e privati che operano nel territorio la costante conoscenza del territorio stesso e dell'ambiente anche ai fini della gestione integrata delle risorse. Le precisazioni e le specificazioni operate dai Comuni, dalle strutture regionali e dai soggetti ed organi pubblici competenti in applicazione delle determinazioni del PTP concorrono a formare e aggiornare i sistemi conoscitivi sovra indicati.
Art. 10
(Disciplina degli altri strumenti regionali aventi attinenza con la pianificazione urbanistica e/o paesaggistica)
1. Tutti gli strumenti regionali aventi ad oggetto singoli aspetti di pianificazione urbanistica e/o paesaggistica o procedimenti attuativi della pianificazione medesima sono approvati con atti amministrativi.
2. La Giunta regionale cura che piani, o atti consimili, estranei al PTP ma aventi comunque attinenza con esso, vengano adottati e/o sottoposti all'approvazione del Consiglio regionale corredati di puntuali norme di coordinamento con il PTP medesimo.
3. Ove i piani o gli atti di cui al comma 2, che siano approvati con legge regionale, determinino l'abrogazione, o la modificazione, di parti del PTP questa deve essere espressamente prevista.
TITOLO III
PIANIFICAZIONE COMUNALE
Art. 11
(Piano regolatore generale comunale urbanistico e paesaggistico)
1. Lo strumento generale di pianificazione urbanistica è costituito dal piano regolatore generale comunale urbanistico e paesaggistico (PRG), formato e approvato ai sensi della normativa regionale in materia urbanistica e di pianificazione territoriale previgente alla presente legge, di cui tutti i Comuni sono dotati.
2. Il PRG di cui al comma 1, per mezzo delle varianti di cui all'art. 13, comma 2, dà applicazione ai principi enunciati nell'art. 1.
3. Il PRG, ridelineato ai sensi del comma 2, definisce l'organizzazione dell'intero territorio del Comune cui fa riferimento, stabilendo gli usi propri dello stesso, nonché le forme e le modalità per il suo corretto impiego a soddisfare le esigenze delle comunità e degli individui, nella consapevolezza e nel rispetto della storia di quelle comunità.
Art. 12
(Contenuti ed elaborati del PRG)
1. Il PRG, tenuto conto del PTP e ricercando il coordinamento con i PRG dei Comuni confinanti, assolve le seguenti funzioni:
a) provvede alla tutela dei beni culturali, ambientali e naturali e alla salvaguardia delle aree adatte agli usi agricoli ed agro-silvo-pastorali; a tal fine individua prioritariamente le relative aree da sottoporre a particolare disciplina d'uso e trasformazione;
b) individua gli insediamenti abitativi esistenti da conservare e riqualificare e, compatibilmente con le esigenze di tutela e salvaguardia di cui alla lett. a), individua le parti del territorio da destinare a nuova edificazione, qualora il relativo fabbisogno non possa essere soddisfatto attraverso il recupero del patrimonio edilizio esistente;
c) definisce i criteri e le norme per i vari tipi di insediamento;
d) individua la localizzazione delle infrastrutture e dei servizi di interesse collettivo;
e) dispone in merito al sistema di verde pubblico;
f) evidenzia i vincoli che gravano sul territorio;
g) individua le aree di proprietà pubblica;
h) stabilisce le modalità delle trasformazioni urbanistiche o edilizie ammesse;
i) individua ogni ulteriore elemento, in relazione alle condizioni dei luoghi, al sistema socio-economico, all'uso delle risorse ambientali, all'assetto e alla difesa del suolo, che sia necessario ad un corretto inquadramento della pianificazione anche al fine di costituire un valido supporto alle decisioni.
2. Il PRG definisce gli equilibri funzionali e dispone in ordine al loro raggiungimento via via che si realizzino gli interventi di trasformazione urbanistica o edilizia del territorio comunale, prefigurando le linee programmatiche dell'assetto territoriale locale in coerenza con il PTP; ai fini anzidetti le norme di attuazione del PRG definiscono le condizioni ed eventualmente le successioni temporali per la realizzazione degli interventi, in relazione alle destinazioni di uso da essi previste e alle infrastrutture esistenti e programmate; in ogni caso, le previsioni spaziali dei piani, tenuto conto delle diverse situazioni locali anche in ordine all'utilizzazione turistica del territorio, devono riferirsi alla prevista evoluzione dell'entità e della composizione della popolazione e delle attività entro un orizzonte temporale non superiore al decennio.
3. Ove specifici servizi pubblici o di interesse pubblico siano, in forza di un formale accordo, concentrati in un Comune ma destinati a soddisfare il fabbisogno di più Comuni vicini, il PRG del Comune designato come sede del servizio deve garantire la quantità di spazi a ciò destinati corrispondente al fabbisogno complessivo; in presenza di tale condizione, i PRG dei Comuni in cui il servizio non ha sede sono esonerati dall'obbligo di assicurare la corrispondente dotazione di spazi.
4. Il PRG è dotato di relazione illustrativa, di idonea cartografia, di norme di attuazione; la Giunta regionale, con apposita deliberazione, precisa:
a) la cartografia di base su cui rappresentare lo strumento urbanistico;
b) le scale di rappresentazione grafica in relazione all'oggetto della pianificazione;
c) i formati degli elaborati, in relazione alla scala di rappresentazione e di analisi;
d) le rappresentazioni grafiche necessarie in relazione alle zone territoriali e alle relative infrastrutture ed attrezzature, ai sistemi ambientali e agli ambiti inedificabili;
e) le norme intese a garantire l'uniformità e la possibilità di informatizzazione degli elementi espressivi del PRG, delle varianti e delle modifiche allo stesso;
f) la natura, prescrittiva o motivazionale, dei singoli elaborati del PRG.
5. Nelle more dell'emanazione del provvedimento di cui al comma 4, le procedure di formazione, adozione ed approvazione delle varianti e delle modifiche al PRG sono comunque esperibili sulla base di idonei elaborati tecnici.
Art. 13
(Adeguamento dei PRG)
1. I PRG vigenti devono essere adeguati alle norme della presente legge e dei provvedimenti attuativi della stessa, nonché alle determinazioni del PTP.
2. I Comuni provvedono all'adeguamento di cui al comma 1 contestualmente all'adozione della prima variante sostanziale al PRG, successiva alla data di entrata in vigore della presente legge e comunque entro il 31 dicembre 2005; l'obbligo si intende ottemperato con la trasmissione da parte del Comune della variante, recante l'adeguamento, alla struttura regionale competente in materia di urbanistica per l'approvazione. L'approvazione della variante al PRG, nonché l'approvazione degli strumenti attuativi in variante al PRG la cui bozza e relativo studio di impatto ambientale siano pervenuti, completi, alla struttura regionale competente in materia di valutazione di impatto ambientale anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, non comporta l'applicazione delle disposizioni della legge medesima, eccezion fatta per quelle di carattere procedurale che non aggravino il procedimento di approvazione (2).
3. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano altresì all'adeguamento del PRG alle prescrizioni ed indirizzi della variante al PTP, restando sostituita all'entrata in vigore della presente legge l'entrata in vigore della legge di approvazione della variante al PTP.
4. I Comuni che, entro il 31 dicembre 2005, non hanno provveduto all'adeguamento di cui al comma 1 non possono adottare varianti al PRG, fatte salve quelle che derivano dall'attuazione delle procedure eccezionali di cui al titolo IV e le varianti rese necessarie per la realizzazione di opere pubbliche. I Comuni possono, in ogni caso, adottare le modifiche non costituenti variante di cui all'articolo 14, comma 1, lettera c) (3).
4.1 Dalla data di trasmissione alla struttura regionale competente in materia di urbanistica della bozza di variante sostanziale al PRG, i Comuni possono approvare, oltre alle varianti che derivano dall'attuazione delle procedure eccezionali di cui al titolo IV e alle varianti rese necessarie per la realizzazione di opere pubbliche, quelle di seguito elencate, sempre che le stesse siano coerenti con la bozza di variante al PRG:
a) le varianti non sostanziali al PRG e le modifiche non costituenti variante di cui, rispettivamente, all'articolo 14, comma 1, lettere b) e c);
b) le varianti al PRG determinate dai piani urbanistici di dettaglio di iniziativa privata o di iniziativa pubblica di cui all'articolo 48, commi 5 e 6;
c) le varianti al PRG nelle zone territoriali di tipo A determinate dalla normativa di attuazione di cui all'articolo 52, comma 3 (4).
4.2 Entro sei mesi dalla scadenza del termine previsto per la valutazione della bozza di variante sostanziale al PRG da parte della conferenza di pianificazione di cui all'articolo 15, comma 3, i Comuni adottano il testo preliminare della variante; nell'ipotesi di mancato rispetto del predetto termine, i Comuni non possono adottare varianti al PRG, fatte salve quelle che derivano dall'attuazione delle procedure eccezionali di cui al titolo IV e le varianti rese necessarie per la realizzazione di opere pubbliche. I Comuni possono, in ogni caso, adottare le modifiche non costituenti variante di cui all'articolo 14, comma 1, lettera c) (5).
4.3 I Comuni definiscono con la Regione i tempi e le modalità mediante i quali procedere all'adeguamento dei PRG, attraverso apposito accordo da stipularsi in sede di conferenza di pianificazione, il cui schema generale è definito dalla Giunta regionale, d'intesa con il Consiglio permanente degli enti locali (6).
4.4 I Comuni possono approvare le varianti non sostanziali al PRG e le modifiche non costituenti variante di cui, rispettivamente, all'articolo 14, comma 1, lettere b) e c), le varianti al PRG determinate dai piani urbanistici di dettaglio di iniziativa pubblica di cui all'articolo 48, commi 5 e 6, le varianti al PRG nelle zone territoriali di tipo A determinate dalla normativa di attuazione di cui all'articolo 52, comma 3, oltre alle varianti che derivano dall'attuazione delle procedure eccezionali di cui al titolo IV e alle varianti rese necessarie per la realizzazione di opere pubbliche, se dimostrano, in sede di approvazione dell'accordo di cui al comma 4.3 da parte della Regione:
a) di avere avviato le attività necessarie per la redazione della bozza di variante sostanziale al PRG, come definite nello schema generale di accordo di cui al comma 4.3;
b) di disporre delle cartografie degli ambiti inedificabili di cui agli articoli 35, 36 e 37, ancorché in forma di bozza (7).
4.5 Il mancato rispetto degli accordi e dei termini stabiliti nell'accordo di cui al comma 4.3, accertato secondo le procedure definite nell'accordo stesso, comporta per il Comune il divieto di adottare qualunque variante al PRG fino alla presentazione della bozza di variante sostanziale, fatte salve quelle che derivano dall'attuazione delle procedure eccezionali di cui al titolo IV e le varianti rese necessarie per la realizzazione di opere pubbliche. I Comuni possono, in ogni caso, adottare le modifiche non costituenti variante di cui all'articolo 14, comma 1, lettera c) (8).
4bis. La Giunta regionale, sentito il Consiglio permanente degli enti locali, definisce le forme di collaborazione fra Regione e Comuni e gli eventuali strumenti di sostegno e di coordinamento per agevolare l'iter di definizione ed approvazione dell'adeguamento dei PRG al PTP. A tale scopo, i finanziamenti disponibili per la costituzione del Sistema informativo territoriale regionale (SITR) sono destinabili in via prioritaria ai progetti connessi alla raccolta ed elaborazione dei dati per l'adeguamento dei PRG di cui al comma 1 (9).
Art. 14
(Modifiche e varianti al PRG)
1. Salva restando la disciplina di cui all'art. 13 sull'adeguamento dei PRG alla presente legge e al PTP, i PRG vigenti possono essere modificati, oltre che con le procedure eccezionali di cui al Titolo IV, attraverso tre ordini di atti:
a) varianti sostanziali, eventualmente generali;
b) varianti non sostanziali;
c) modifiche non costituenti variante.
2. Costituiscono varianti sostanziali le modifiche che attengono all'impostazione generale del PRG e che in particolare:
a) adeguano, ai sensi dell'art. 13, comma 1, il PRG alle norme della presente legge e dei provvedimenti attuativi della stessa, nonché alle determinazioni del PTP;
b) comportano una riduzione della perimetrazione delle zone territoriali di tipo A;
c) introducono una normativa che consente, all'interno delle zone territoriali di tipo A, interventi di nuova costruzione;
d) comportano, all'interno della zona territoriale di tipo E, una modificazione alle parti di territorio qualificato di particolare pregio paesaggistico, ambientale, naturalistico o di particolare interesse agricolo od agro-silvo-pastorale;
e) incrementano gli indici di edificabilità, la volumetria complessiva ammessa o la superficie delle zone territoriali di tipo B, C e D, o più d'uno tra tali parametri, in misura superiore al dieci per cento dei valori vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge;
f) apportano modificazioni alle modalità di attuazione del PRG, per quanto concerne le aree la cui attuazione è demandata all'approvazione di piani urbanistici di dettaglio, con l'eccezione degli adeguamenti di limitata entità di cui al comma 5, lett. d), e delle modificazioni alla delimitazione di tali aree in misura non superiore al dieci per cento;
g) individuano nuove zone territoriali o nuovi collegamenti stradali di lunghezza superiore a 500 metri.
3. Le varianti sostanziali sono denominate generali quando considerano il PRG nella sua interezza e lo sostituiscono o lo modificano organicamente nel suo complesso.
4. Sono varianti non sostanziali le modificazioni del PRG che non rientrano nelle ipotesi di cui al comma 2, né in quelle di cui al comma 5.
5. Le modifiche non costituenti varianti sono costituite:
a) dalla correzione di errori materiali e dagli atti che eliminano contrasti fra enunciazioni dello stesso strumento e per i quali sia evidente ed univoco il rimedio;
b) dagli adeguamenti di limitata entità, imposti da esigenze tecniche, della localizzazione delle infrastrutture, degli spazi e delle opere destinate a servizi pubblici o di interesse generale;
c) dalla modifica della localizzazione degli spazi per i servizi locali, all'interno di singole aree già destinate a tali servizi, senza riduzione della loro superficie complessiva e nel rispetto degli standard definiti ai sensi dell'art. 23;
d) dagli adeguamenti di limitata entità, che non incidano sui pesi insediativi e sulle quantità di spazi pubblici dovuti, dei perimetri delle aree assoggettate a strumento urbanistico esecutivo;
e) dalle determinazioni volte ad assoggettare porzioni di territorio a strumento urbanistico esecutivo e a delimitare tali porzioni di territorio;
f) dalle modificazioni parziali o totali ai singoli tipi di intervento sul patrimonio edilizio esistente, le quali non riguardino edifici compresi in zone territoriali di tipo A o edifici anche esterni a tali zone territoriali, ma classificati dal PRG di pregio storico, culturale, architettonico o ambientale, non conducano alla ristrutturazione urbanistica e non riguardino edifici o aree per i quali il PRG abbia espressamente escluso tale possibilità;
g) dalla riconferma dei vincoli per servizi pubblici o di interesse generale previsti dal PRG;
h) dalla destinazione a specifiche opere pubbliche o servizi pubblici di aree che il PRG vigente destina ad altra categoria di opere o di servizi pubblici.
6. Le modifiche non costituenti variante e le varianti al PRG devono risultare coerenti con il PTP; le valutazioni della conferenza di pianificazione, di cui all'art. 15, comma 3, sono in primo luogo indirizzate ad assicurare la coerenza delle varianti al PTP.
7. Sono soggette alla valutazione di impatto ambientale esclusivamente le varianti sostanziali al PRG; il PTP costituisce l'insieme organico delle determinazioni con le quali, in primo luogo, sono da confrontare le varianti sostanziali al PRG al fine della valutazione di impatto ambientale; la valutazione di impatto ambientale delle varianti medesime comporta pertanto in primo luogo il confronto della variante con le analisi, le valutazioni e le determinazioni del PTP, ove del caso operando approfondimenti delle analisi stesse e della ricognizione dello stato di fatto, per motivare eventuali scelte che si discostassero da indirizzi del PTP medesimo.
8. La Giunta regionale, con apposito provvedimento, specifica la disciplina relativa ai procedimenti di cui agli art. 15 e 16 nonché agli ulteriori procedimenti che determinano varianti o deroghe agli strumenti urbanistici.
Art. 15
(Procedure per la formazione, l'adozione e l'approvazione delle varianti sostanziali al PRG)
1. Il Comune elabora la bozza di variante sostanziale al PRG, definendo i criteri e i contenuti fondamentali della variante stessa; la bozza contiene uno studio di impatto ambientale, ai sensi della normativa regionale in materia, idoneo ad accertare la compatibilità ambientale della proposta stessa ed evidenziare la coerenza con i principi, le finalità e le determinazioni della presente legge e della pianificazione territoriale e paesaggistica della Regione.
2. La bozza di variante, con lo studio di impatto ambientale che ne è parte integrante, è sottoposta alla valutazione di impatto ambientale, ai sensi della normativa regionale in materia, nei tempi e nei modi di cui al comma 3 ed è contestualmente, e con procedimenti coordinati, fatta oggetto di concertazione con le strutture regionali competenti in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio ai sensi delle l. 1089/1939 e 1497/1939 o della l.r. 56/1983.
3. Al fine di un'organica consultazione preventiva, la struttura regionale competente in materia di urbanistica individua il responsabile del procedimento il quale cura l'istruttoria acquisendo i pareri e le osservazioni di tutte le strutture regionali interessate al contenuto della variante; il risultato di tale istruttoria è valutato da una conferenza di pianificazione convocata dal responsabile del procedimento alla quale partecipano i responsabili delle strutture regionali competenti in materia di ambiente, urbanistica, tutela del paesaggio, beni culturali, programmazione regionale, vincoli idrogeologici, protezione dell'ambiente ed altri eventualmente individuati dal responsabile del procedimento in relazione ai contenuti della variante. Ai lavori della conferenza partecipa il Sindaco, o suo delegato, del Comune che ha adottato la variante. La valutazione della conferenza sostituisce, a tutti gli effetti, il parere del Comitato scientifico per l'ambiente previsto dalla legge regionale 4 marzo 1991, n. 6 (Disciplina della procedura di valutazione dell'impatto ambientale); l'attività di cui al presente comma è compiuta nel termine di centocinquanta giorni dalla ricezione, da parte della struttura regionale competente in materia di urbanistica, degli atti completi della bozza; decorso tale termine, senza che la struttura stessa abbia concluso le attività di cui al presente comma, il Comune ne prescinde. La conferenza di pianificazione di cui al presente comma conclude il procedimento di concertazione di cui al comma 2 (10).
4. Tenuto conto dell'esito dell'attività di cui ai commi 1, 2 e 3 il Consiglio comunale, con apposita motivata deliberazione, adotta il testo preliminare della variante sostanziale.
5. La variante adottata ed il relativo studio di impatto ambientale sono pubblicati mediante deposito in pubblica visione dei relativi atti e delle deliberazioni che li riguardano presso la segreteria del Comune interessato, per quarantacinque giorni consecutivi; dell'avvenuta adozione è data tempestiva informazione ai cittadini tramite comunicato inviato agli organi di informazione a carattere locale e regionale. Chiunque ha facoltà di produrre osservazioni, nel pubblico interesse, fino allo scadere del termine predetto.
6. Sulle osservazioni si pronuncia il Consiglio comunale che dispone, ove del caso, i conseguenti adeguamenti della variante; questi non comportano una nuova pubblicazione ove non riguardino tematiche di cui all'art. 14, comma 2. Con la stessa deliberazione, il Consiglio comunale adotta, quindi, il testo definitivo della variante.
7. La deliberazione di cui al comma 6, con gli atti della variante adottata ai sensi del comma medesimo, è trasmessa alla struttura regionale competente in materia di urbanistica, che la esamina per valutarne la coerenza con i principi, le finalità e le determinazioni della presente legge e della pianificazione territoriale e paesaggistica della Regione; a tal fine, il responsabile del procedimento, individuato dalla struttura regionale competente in materia di urbanistica, cura l'istruttoria acquisendo i pareri e le osservazioni di tutte le strutture regionali e, ove del caso, degli enti pubblici interessati dal contenuto della variante; il risultato di tale istruttoria è valutato dalla conferenza di pianificazione di cui al comma 3, convocata dal responsabile del procedimento; l'attività di cui al presente comma e quelle di cui al comma 8 sono compiute nel termine di centoventi giorni dalla ricezione, da parte della struttura regionale competente in materia di urbanistica, degli atti completi della variante adottata. Decorso tale termine, il PRG si applica con effetti equivalenti a quelli dello strumento approvato, ai fini delle decisioni sulle domande di concessione edilizia, della formazione dei piani urbanistici di dettaglio, del rispetto delle distanze a protezione delle strade, delle eccezioni ai vincoli di inedificabilità, degli accordi di programma, delle intese e delle procedure accelerate, e comunque per l'applicazione di quelle altre norme che ne prevedono la vigenza.
8. La Giunta regionale, sulla scorta delle valutazioni conclusive operate dalla conferenza di pianificazione e sentite le valutazioni del Sindaco, approva, con propria deliberazione, la variante oppure non la approva oppure propone al Comune delle modificazioni.
9. Nel caso di proposte di modificazioni da parte della Giunta regionale, il Comune può deliberarne l'accoglimento, che comporta l'approvazione definitiva delle varianti, oppure presentare proprie controdeduzioni su cui la Giunta stessa, sentito il parere della conferenza di pianificazione, deve pronunciarsi in via definitiva entro novanta giorni dal loro ricevimento.
10. La variante assume efficacia con la pubblicazione, nel Bollettino ufficiale della Regione, della deliberazione della Giunta regionale che l'approva o della dichiarazione con la quale il segretario del Comune interessato attesta l'accoglimento, da parte del Consiglio comunale, delle proposte di modificazioni della Giunta stessa.
11. Le modalità di funzionamento della conferenza di pianificazione di cui al comma 3 sono stabilite con deliberazione della Giunta regionale (11) .
Art. 16
(Procedure per la formazione, l'adozione e l'approvazione delle varianti non sostanziali al PRG)
1. Previa concertazione con le strutture regionali competenti in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio, ove incidano su beni tutelati ai sensi delle l. 1089/1939 e 1497/1939 o della l.r. 56/1983, le varianti non sostanziali sono adottate dal Consiglio comunale con apposita motivata deliberazione; questa è pubblicata per estratto nell'albo comunale e depositata in pubblica visione, con gli atti della variante, presso la segreteria del Comune stesso per quarantacinque giorni consecutivi; contestualmente all'avvio della pubblicazione copia della variante adottata è trasmessa alla struttura regionale competente in materia di urbanistica al fine della eventuale formulazione di proprie osservazioni; dell'avvenuta adozione è data tempestiva informazione ai cittadini tramite comunicato inviato agli organi di informazione a carattere locale e regionale; chiunque ha facoltà di produrre osservazioni nel pubblico interesse fino allo scadere del termine predetto.
2. Sulle osservazioni si pronuncia il Consiglio comunale che dispone, ove del caso, i conseguenti adeguamenti della variante; questi non comportano una nuova pubblicazione.
3. La variante assume efficacia con la pubblicazione, nel Bollettino ufficiale della Regione, della deliberazione del Consiglio comunale che l'approva. La deliberazione medesima, con gli atti della variante, è trasmessa nei successivi trenta giorni alla struttura regionale competente in materia di urbanistica.
Art. 17
(Procedure per la formazione e l'approvazione delle modifiche al PRG)
1. Le modifiche non costituenti variante al PRG, di cui all'art. 14, sono introdotte nel PRG con deliberazione motivata del Consiglio comunale, previa concertazione con le strutture regionali competenti in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio, ove la modifica incida su beni tutelati ai sensi delle l. 1497/1939 e/o 431/1985 o 1089/1939, o della l.r. 56/1983, limitatamente alle modifiche riguardanti i beni stessi; la deliberazione medesima è trasmessa immediatamente alla struttura regionale competente in materia di urbanistica, munita degli allegati tecnici.
Art. 18
(Pubblicazione di varianti previste da leggi di settore)
1. Tutte le varianti al PRG, previste da leggi di settore, per le quali non è espressamente disciplinata la fase di pubblicazione, sono pubblicate nei modi e nei termini previsti per le varianti non sostanziali.
Art. 19
(Riconsiderazione del PRG)
1. Decorsi dieci anni dalla data in cui il PRG ha assunto efficacia e allo scadere di ogni successivo decennio, il Comune provvede a riconsiderare i contenuti della propria pianificazione urbanistica generale, anche in relazione all'evolversi dello stato di fatto, allo scopo di assicurare, ove del caso con opportune varianti, la maggior rispondenza possibile della pianificazione medesima all'interesse generale e agli obiettivi di cui all'art. 1.
Art. 20
(Misure di salvaguardia)
1. Dal momento in cui è assunta la deliberazione che adotta una variante non sostanziale, o il testo preliminare di una variante sostanziale, e fino all'approvazione della variante stessa, il Comune sospende ogni determinazione sulle istanze e sulle dichiarazioni relative a titoli abilitativi edilizi che risultino in contrasto con la variante adottata; il provvedimento di sospensione, adeguatamente motivato, è notificato tempestivamente agli interessati.
2. Durante il periodo di tempo indicato nel comma 1, è fatto divieto di realizzare trasformazioni edilizie o urbanistiche che risultino in contrasto con la variante adottata; la disposizione del presente comma non si applica alle trasformazioni e agli interventi per i quali si sia concluso il procedimento abilitativo anteriormente al momento in cui assumono efficacia le misure di salvaguardia.
3. A richiesta del Comune e nell'ambito del periodo di cui al comma 1, il Presidente della Giunta regionale, con provvedimento motivato notificato al proprietario, al costruttore e al direttore dei lavori, può ordinare la sospensione di trasformazioni edilizie o urbanistiche e di interventi idonei a modificare lo stato dei luoghi, che siano tali da compromettere o rendere più onerosa l'attuazione della variante adottata.
4. Decorsi tre anni dalla data di adozione della variante o del testo preliminare di variante senza che sia intervenuta l'approvazione o che la variante, ove previsto, sia stata trasmessa per l'approvazione alla struttura regionale competente in materia di urbanistica, essa decade a tutti gli effetti.
Art. 21
(Mezzi di conoscenza e di informazione)
1. La Regione, con la collaborazione dei Comuni e delle Comunità montane, raccoglie i dati e gli elementi significativi per la conoscenza continua del territorio regionale, utilizzando le tecnologie più idonee.
2. Ai fini di cui al comma 1, i piani, i programmi e gli atti urbanistici sono formulati con tecniche idonee a consentire rapida ed efficace attuazione delle disposizioni del comma stesso e recano forme espressive uniformi.
3. I soggetti che vi abbiano interesse possono accedere ai dati ed agli elementi raccolti dalla Regione.
4. La Giunta regionale delibera in merito all'attuazione delle norme di cui ai commi 1, 2 e 3, prescrivendo che le tecniche di disegno e in genere le forme espressive degli strumenti urbanistici siano uniformi in tutto il territorio regionale; a tal fine, esse devono corrispondere a quelle indicate dal provvedimento di cui al presente comma.
5. Le forme espressive degli strumenti urbanistici devono mirare:
a) alla trasparenza degli atti e pertanto a rendere il più possibile agevole la loro lettura e la loro comprensione;
b) alla semplicità delle loro rappresentazioni;
c) a rendere immediatamente confrontabili i vari strumenti urbanistici;
d) a rendere utilizzabili sistemi informatici per la conoscenza del territorio e dei piani e per la gestione degli stessi.
Art. 22
(Zone territoriali)
1. Ai fini della formazione delle varianti al PRG le zone territoriali sono articolate in conformità ai seguenti criteri:
a) zone di tipo A: sono le parti del territorio comunale costituite dagli agglomerati che presentano interesse storico, artistico, documentario o ambientale e dai relativi elementi complementari o integrativi;
b) zone di tipo B: sono le parti del territorio comunale costituite dagli insediamenti residenziali, artigianali, commerciali, turistici ed in genere terziari, diversi dagli agglomerati di cui alla lett. a), e dai relativi elementi complementari o integrativi, qualunque sia l'utilizzazione in atto, totalmente o parzialmente edificate e infrastrutturate;
c) zone di tipo C: sono le parti del territorio comunale totalmente inedificate o debolmente edificate, da infrastrutturare, destinate alla realizzazione dei nuovi insediamenti residenziali, artigianali, commerciali, turistici ed in genere terziari;
d) zone di tipo D: sono le parti del territorio comunale destinate ad attività industriali;
e) zone di tipo E: sono le parti del territorio comunale totalmente inedificate o debolmente edificate, destinate agli usi agro-silvo-pastorali e agli altri usi compatibili come tali definiti dal provvedimento di cui al comma 2;
f) zone di tipo F: sono le parti del territorio comunale destinate agli impianti e alle attrezzature di interesse generale.
2. La Giunta regionale, con apposita deliberazione, precisa i criteri di cui al comma 1, al fine di:
a) agevolare il recepimento e la traduzione in norme urbanistiche delle determinazioni del PTP;
b) differenziare le determinazioni urbanistiche ed edilizie, ivi comprese quelle attinenti alle modalità attuative, in relazione ai valori naturali, colturali o culturali espressi da determinate parti dei diversi tipi di zone, al loro grado di infrastrutturazione e di conservazione, alle specifiche destinazioni di uso in atto e previste, alla sovrapposizione, in determinate aree, di usi e attività stagionali diverse;
c) fornire elementi univoci di differenziazione tra le zone di tipo B e le zone di tipo C;
d) assicurare l'omogeneizzazione della struttura dei PRG, anche ai fini della loro informatizzazione;
e) individuare particolari condizioni per l'edificazione e l'uso del territorio anche in relazione alla funzione strategica dell'agricoltura nella gestione, tutela e salvaguardia dei terreni agricoli produttivi e del paesaggio agrario tradizionale In particolare, la Giunta regionale definisce gli standard costruttivi e i parametri per il dimensionamento dei fabbricati rurali e degli annessi, nonché dei fabbricati a destinazione agrituristica, in relazione alle esigenze aziendali, alle dimensioni dell'azienda e al suo indirizzo produttivo prevalente e riparto colturale. La valutazione dei progetti, relativamente al rispetto degli standard così definiti, è effettuata, laddove prevista dai PRG, dalla struttura regionale competente in materia di agricoltura (12).
Art. 23
(Spazi da riservare per i servizi locali e limiti di densità edilizia, altezza e distanza)
1. Ai fini della formazione delle varianti al PRG, il Consiglio regionale definisce, con propria deliberazione, adeguati rapporti qualitativi o quantitativi tra gli abitanti insediati e da insediare, ivi compresi quelli fluttuanti per ragioni di turismo, e gli spazi da riservare ai servizi locali, tenuto conto degli indirizzi forniti dal PTP.
2. Sono servizi locali le attrezzature e gli impianti per la sanità e la sicurezza, l'istruzione e la formazione, la cultura, la ricreazione, lo sport, il commercio, l'amministrazione, i trasporti, i parcheggi, il verde attrezzato o di rispetto, il credito e altri assimilabili, con esclusione dei servizi qualificati dal PTP di rilevanza regionale.
3. Con la deliberazione di cui al comma 1 sono altresì definiti:
a) i rapporti minimi e/o massimi tra gli spazi destinati ad attività produttive, commerciali e direzionali, in atto e previste, e gli spazi pubblici destinati o da destinare a parcheggi e a verde attrezzato o di rispetto;
b) i limiti di densità edilizia dei diversi tipi di insediamento;
c) i limiti di altezza dei diversi tipi di fabbricato;
d) i limiti di distanza tra i fabbricati, dei fabbricati dai confini e, ove occorra, ad integrazione della disciplina in materia di sicurezza stradale, dei fabbricati dalle strade pubbliche.
Art. 24
(Indici urbanistici)
1. Ai fini della formazione delle varianti al PRG, il Consiglio regionale, con la deliberazione di cui all'art. 23, comma 1, provvede altresì alle definizioni degli enti geometrici e degli indici, in particolare con riferimento a:
a) superficie territoriale;
b) superficie fondiaria;
c) superficie coperta;
d) superficie lorda abitabile;
e) superficie netta abitabile;
f) volume complessivo;
g) volume fuori terra;
h) densità fondiaria;
i) rapporto di copertura.
Art. 25
(Azione delle Comunità montane)
1. Le Comunità montane possono assumere le iniziative e porre in essere i mezzi e le strutture più idonei a fornire ai Comuni adeguati supporti per l'esercizio delle funzioni comunali in materia urbanistica e in materia edilizia.
TITOLO IV
ACCORDI - INTESE - OPERE PUBBLICHE COMUNALI, INTERCOMUNALI E DELLE COMUNITA' MONTANE - STRUTTURE PER RADIOTELECOMUNICAZIONI (*)
Art. 26
(Accordi di programma)
1. La disciplina del presente articolo e degli art. 27 e 28 si applica agli accordi di programma di cui all'art. 27 della l. 142/1990, promossi dalla Regione o ai quali comunque la Regione partecipi.
2. Sono esclusi dall'applicazione delle presenti disposizioni le convenzioni, i protocolli di intesa e gli altri atti di concertazione, comunque denominati, il cui oggetto sia costituito da dichiarazioni di intenti o programmatiche prive di efficacia giuridica vincolante per i sottoscrittori.
3. L'accordo di programma può essere concluso quando sia necessaria l'azione integrata e coordinata di enti pubblici territoriali, amministrazioni statali o altri soggetti pubblici, nel caso in cui:
a) debbano essere definiti o realizzati opere, interventi o programmi di intervento, di carattere pubblico o di interesse pubblico;
b) la definizione o la realizzazione delle opere, interventi o programmi di intervento di cui alla lett. a) rientri per qualche aspetto nella competenza della Regione o dei Comuni, o di più di uno fra tali enti;
c) la definizione o le realizzazioni di cui alla lett. b) comportino una pluralità di atti amministrativi o di azioni rientranti nella competenza di enti e di amministrazioni pubbliche diverse, o rendano comunque opportuno il coinvolgimento di più soggetti pubblici ed eventualmente di soggetti privati;
d) si renda necessario, o opportuno, il coordinamento delle azioni degli enti, delle amministrazioni e dei soggetti di cui alla lett. c), al fine di renderle contestuali ed integrate, evitando la loro scomposizione in momenti e sedi distinte;
e) si giustifichi, in relazione al suo oggetto, la formazione e la stipulazione di un accordo, giuridicamente vincolante per i soggetti pubblici che ne sono parte, nel quale siano configurati e coordinati gli obblighi di ciascun soggetto, i tempi, le modalità, eventualmente i finanziamenti, e comunque quanto occorra per la completa definizione o realizzazione delle opere, degli interventi o dei programmi di intervento.
4. Ai fini della determinazione del possibile contenuto degli accordi di programma, per interventi si intendono gli insiemi sistematici di opere o di azioni concrete; per programmi di intervento si intendono gli atti che, considerando un insieme sistematico di interventi, coordinano gli stessi anche nel tempo, prevedono le fonti di finanziamento e i mezzi di attuazione ed in genere predispongono quanto occorre operativamente per la realizzazione degli interventi medesimi.
5. Gli accordi di programma configurano e disciplinano gli obblighi di ciascun soggetto partecipante, i tempi e le modalità di definizione e realizzazione ed indicano i tempi e le modalità di finanziamento; la completa realizzazione delle opere o degli interventi può essere perseguita anche con più accordi di programma, riferiti ciascuno ad una o più fasi della definizione e della realizzazione.
6. Ove l'accordo di programma riguardi opere, interventi o programmi di intervento alla cui realizzazione debbano concorrere, o sia opportuno che concorrano, soggetti privati, l'accordo dà atto di tale circostanza e prevede gli atti successivi attraverso i quali vengono disciplinati il concorso e gli obblighi dei soggetti privati e quelli correlativi dei soggetti pubblici.
7. Gli enti e le amministrazioni pubbliche che hanno stipulato l'accordo di programma hanno l'obbligo di rispettarlo in ogni sua parte e non possono compiere validamente atti successivi che violino ed ostacolino l'accordo o che contrastino con esso; gli enti e le amministrazioni medesime sono tenuti a compiere gli atti attuativi e applicativi dell'accordo stesso.
Art. 27
(Procedura di formazione degli accordi di programma)
1. Gli accordi di programma sono formati nel rispetto delle seguenti disposizioni:
a) l'iniziativa che prospetta il ricorso all'accordo di programma può essere assunta da qualsiasi soggetto pubblico o privato; l'effettiva promozione dell'accordo di programma, invece, è di competenza del Presidente della Giunta regionale o del Sindaco;
b) la verifica della possibilità di concordare l'accordo di programma è condotta da una conferenza di programma, convocata dal promotore, fra i rappresentanti di tutti gli enti ed amministrazioni interessate;
c) alla conferenza sono convocati:
1) i partecipanti necessari all'accordo, consistenti nei soggetti che dovranno esprimere il consenso costituente l'accordo di programma;
2) i partecipanti eventuali, la cui partecipazione all'accordo non è ammessa o non è necessaria, ma la cui presenza alla conferenza di programma e alla preparazione dell'accordo è opportuna, ivi compresi i soggetti privati;
d) i soggetti diversi dalle singole persone fisiche esercitano la partecipazione alla conferenza di programma mediante il proprio legale rappresentante o mediante uno o più delegati dal medesimo o mediante altri soggetti legittimati dalle disposizioni sull'ordinamento interno di ciascun ente o amministrazione;
e) una volta verificata la possibilità di pervenire all'accordo di programma il promotore nomina un responsabile del procedimento;
f) il responsabile del procedimento assume le iniziative più efficaci al fine di pervenire alla formulazione del testo definitivo dell'accordo, alla cui redazione provvede, in termini idonei a far sì che tale testo sia condiviso da tutti gli enti e le amministrazioni il cui consenso è necessario;
g) il responsabile del procedimento provvede ad acquisire i pareri degli organi collegiali, nonché, tramite conferenza di servizi, i pareri, le autorizzazioni e gli assensi a qualsiasi titolo dovuti dalla pubblica amministrazione;
h) l'accordo di programma è approvato dagli enti e dalle pubbliche amministrazioni partecipanti all'accordo tramite gli organi competenti secondo il proprio ordinamento; in tale sede è formulata l'autorizzazione al legale rappresentante dell'ente o dell'amministrazione pubblica a sottoscrivere l'atto.
2. L'accordo di programma può determinare varianti o modifiche degli strumenti urbanistici. In tal caso:
a) all'accordo devono essere allegati, come parte integrante dello stesso, gli atti tecnici che definiscono le varianti medesime; tali atti devono rendere evidente ed inequivoco l'oggetto di ciascuna variante;
b) devono essere depositati in pubblica visione presso la segreteria dei Comuni competenti, per venti giorni consecutivi, gli atti dell'accordo costituiti dal testo del medesimo, da sottoscrivere, nonché dagli atti tecnici che definiscono la modifica o la variante;
c) del deposito di cui alla lett. b) è data pubblicità; nei successivi venti giorni, chiunque vi abbia interesse può presentare osservazioni; le osservazioni stesse sono esaminate e valutate dalla conferenza di servizi ai fini della redazione del testo definitivo dell'accordo.
3. La disciplina di cui al comma 2 si applica anche nei casi in cui l'accordo di programma comporti l'adeguamento di atti di programmazione o di pianificazione di altre amministrazioni firmatarie; in tal caso, il deposito degli atti interviene anche presso l'amministrazione titolare dell'atto di programmazione o di pianificazione interessato dall'adeguamento.
4. Ove l'accordo produca varianti o modifiche degli strumenti urbanistici, esso deve essere ratificato dal Consiglio comunale competente e quindi adottato con decreto del Presidente della Giunta regionale.
5. Qualora l'accordo di programma comporti l'adeguamento di atti di programmazione o di pianificazione di altre amministrazioni firmatarie, l'accordo deve essere approvato anche dagli organi competenti delle amministrazioni stesse.
6. L'accordo di programma può sostituire le concessioni edilizie; in tal caso la sostituzione deve essere espressamente dichiarata nella deliberazione del Consiglio comunale con la quale è formato il consenso del Comune; gli allegati dell'accordo stesso devono contenere tutti gli elaborati tecnici necessari per il rilascio delle concessioni medesime, nonché, ove necessario, la documentazione atta a consentire il corretto adempimento delle procedure espropriative e di occupazione d'urgenza.
7. Le modifiche degli accordi di programma sono effettuate con le procedure previste per la formazione degli stessi.
8. L'accordo di programma contiene disposizioni istitutive della commissione di vigilanza sull'attuazione dell'accordo. Tale commissione è costituita da rappresentanti degli enti e delle amministrazioni stipulanti l'accordo di programma ed è presieduta dal legale rappresentante dell'ente che ha deliberato l'atto finale dell'accordo. La commissione vigila sulla corretta applicazione dell'accordo, può acquisire documenti e informazioni presso i soggetti stipulanti, può disporre ispezioni ed accertamenti; può diffidare il soggetto inadempiente ad adempiere entro un preciso termine, decorso il quale la commissione può richiedere la nomina di un commissario ad acta per il compimento degli atti e delle attività sui quali si è verificata inerzia o ritardo.
9. La Giunta regionale, con apposita deliberazione, può definire in modo più dettagliato la procedura di formazione degli accordi di programma promossi dalla Regione, gli elaborati da allegare, nonché le condizioni della sua partecipazione ad accordi di programma promossi da altri soggetti pubblici.
Art. 28
(Pubblicazione degli accordi di programma)
1. Dell'avvio del procedimento dell'accordo di programma viene data notizia mediante pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione all'atto della convocazione della conferenza di programma da parte del promotore.
2. L'accordo di programma approvato deve essere pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione insieme con l'atto finale di approvazione; la pubblicazione conferisce efficacia all'accordo.
3. L'atto finale di approvazione dell'accordo di programma costituisce dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità delle opere pubbliche in esso previste, ove tali opere siano comprese nei programmi dell'amministrazione competente e siano utilizzabili i relativi finanziamenti; la dichiarazione anzidetta perde efficacia se le opere non sono iniziate entro tre anni dalla data della dichiarazione stessa.
Art. 29
(Intesa per le opere di interesse regionale) (13)
1. Le opere pubbliche regionali e le opere volte a soddisfare importanti interessi economici, sociali e culturali di rilievo regionale difformi, incoerenti o contrastanti con le determinazioni degli strumenti urbanistici comunali, possono essere realizzate mediante un'intesa tra la Regione ed il Comune territorialmente competente, secondo la procedura di cui al presente articolo.
2. La Giunta regionale approva la proposta di intesa, avanzata dalla struttura regionale competente per materia, completa della documentazione tecnico-descrittiva idonea a definire le caratteristiche, i parametri fisico-geometrici dell'opera ed i contenuti delle varianti da apportare alle determinazioni dello strumento urbanistico, individuando la struttura regionale responsabile del procedimento finalizzato al conseguimento dell'intesa.
3. La struttura regionale responsabile del procedimento inoltra la proposta di intesa, completa della documentazione di cui al comma 2, al Comune interessato, che provvede all'immediato deposito, in libera visione, degli atti pervenuti per trenta giorni consecutivi; durante il periodo di deposito, chiunque vi abbia interesse può presentare osservazioni.
4. Il Comune si pronuncia sulla proposta di intesa e sulle eventuali osservazioni, presentate ai sensi del comma 3, entro novanta giorni dal ricevimento della proposta di intesa.
5. L'atto di intesa dispone sui contenuti della variante alle determinazioni dello strumento urbanistico e indica altresì il termine previsto per l'avvio dell'opera.
6. Nel caso in cui l'inerzia del Comune si protragga oltre il termine di cui al comma 4, la Giunta regionale decide in via definitiva approvando, con propria deliberazione, le eventuali modifiche alle previsioni progettuali in accoglimento, anche parziale, delle proposte del Comune e le varianti alle determinazioni dello strumento urbanistico comunale.
7. Raggiunta l'intesa o, comunque, concluso il procedimento di cui al comma 6, il soggetto preposto all'esecuzione dell'opera dispone la redazione delle fasi progettuali necessarie e provvede all'acquisizione, ove richiesta, della valutazione di impatto ambientale e dei pareri, autorizzazioni, nulla osta o assensi, comunque denominati, necessari ai sensi di legge secondo quanto previsto dalla normativa vigente.
8. Il progetto definitivo dell'opera è approvato con decreto del Presidente della Regione che sostituisce a tutti gli effetti la concessione edilizia ed equivale a variante del PRGC nonché a dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità delle opere, mediante apposizione, se necessario, del vincolo preordinato all'esproprio. Il decreto definisce, inoltre, i termini massimi entro i quali debbono essere iniziati ed ultimati i lavori.
9. Le eventuali varianti in corso d'opera aventi rilevanza urbanistico-edilizia che non comportano varianti allo strumento urbanistico sostanzialmente difformi da quelle oggetto dell'intesa sono approvate, previa comunicazione al Comune interessato, con decreto del Presidente della Regione, su conforme deliberazione della Giunta regionale
Art. 30
(Intesa per le opere pubbliche di interesse statale)
1. Alle opere pubbliche di interesse statale si applica, ove occorra, l'art. 51 del decreto del Presidente della Repubblica 22 febbraio 1982, n. 182 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Valle d'Aosta per la estensione alla regione delle disposizioni del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e della normativa relativa agli enti soppressi con l'art. 1-bis del D.L. 18 agosto 1978, n. 481, convertito nella L. 21 ottobre 1978, n. 641).
Art. 31
(Opere pubbliche comunali, intercomunali e delle Comunità montane)
1. L'approvazione, da parte del Consiglio comunale, dei progetti preliminari di opere pubbliche comunali, intercomunali e delle Comunità montane, riguardanti aree che il PRG destina genericamente a servizi pubblici o la cui destinazione specifica non coincide con quella delle opere progettate, costituisce approvazione di modifica al PRG ai sensi dell'art. 14, comma 1, lett. c); si applicano le procedure di cui all'art. 17.
2. L'approvazione, da parte del Consiglio comunale, dei progetti preliminari di opere pubbliche comunali, intercomunali e delle Comunità montane, riguardanti aree che il PRG non destina in tutto o in parte a servizi pubblici, costituisce adozione di variante non sostanziale al PRG ai sensi dell'art. 14, comma 1, lett. b); si applicano le procedure di cui all'art. 16.
3. Gli atti di approvazione delle modifiche di cui al comma 1 e delle varianti non sostanziali di cui al comma 2 costituiscono dichiarazione di conformità urbanistica del progetto ai sensi della normativa in materia di lavori pubblici.
Art. 32
(Strutture per le radiotelecomunicazioni) (14)
1. Le strutture per le radiotelecomunicazioni sono definite dalla vigente normativa di settore.
2. La realizzazione delle strutture per le radiotelecomunicazioni di cui al comma 1 costituisce trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.
3. Le strutture per le radiotelecomunicazioni devono essere localizzate in modo da non incidere negativamente:
a) sull'incolumità fisica e sulla salute delle persone;
b) sulle componenti strutturali del paesaggio qualificate come meritevoli di tutela dal PTP;
c) sui siti, beni e aree di specifico interesse naturalistico, paesaggistico, storico o archeologico, definiti dal PTP;
d) sulle aree naturali protette.
4. Le Comunità montane ed il Comune di Aosta, d'intesa con i Comuni interessati e sentiti i soggetti concessionari presenti sul territorio, formano piani preordinati:
a) ad assicurare concreta attuazione alle disposizioni di cui al comma 3 e comunque ad evitare o contenere al massimo i possibili pregiudizi ai beni indicati nel comma stesso;
b) ad evitare la proliferazione delle strutture per le radiotelecomunicazioni sul territorio;
c) a concentrare per quanto possibile le strutture per le radiotelecomunicazioni mediante l'associazione delle stesse sia quanto a localizzazione, sia quanto a postazioni impiegate;
d) a localizzare le strutture per le radiotelecomunicazioni nel modo più idoneo, tenuto conto di quanto previsto al presente articolo;
e) a dettare la disciplina urbanistico-edilizia per un corretto inserimento ambientale delle strutture per le radiotelecomunicazioni.
5. Ai piani di cui al comma 4 si applicano le procedure di cui agli articoli 27 e 28.
6. L'installazione di strutture per le radiotelecomunicazioni deve rispettare il piano di cui al comma 4.
TITOLO V
AMBITI INEDIFICABILI
CAPO I
AREE BOSCATE, ZONE UMIDE E LAGHI, TERRENI SEDI DI FRANE, A RISCHIO DI INONDAZIONI, DI VALANGHE O SLAVINE
Art. 33
(Aree boscate)
1. E' vietata l'edificazione nelle aree boscate, nonché nelle aree nelle quali il patrimonio boschivo è andato distrutto per cause dolose, colpose o accidentali, salve restando le disposizioni di cui al presente articolo.
2. Ai fini della presente legge, per aree boscate si intendono i terreni sui quali si sono costituiti, per via naturale o artificiale, popolamenti di specie legnose forestali a portamento arboreo costituenti un soprassuolo continuo, di almeno cinque anni di età, anche se sviluppatisi su suoli destinati ad altra coltura, aventi superficie non inferiore a metri quadrati cinquemila e larghezza minima non inferiore a metri trenta, indipendentemente dalla loro designazione catastale, con esclusione degli impianti artificiali per l'arboricoltura da legno, dei castagneti da frutto, dei parchi urbani e delle aree boscate marginali destinate dai piani regolatori vigenti all'espansione di insediamenti preesistenti.
3. Fatto salvo il rispetto di eventuali determinazioni più restrittive della pianificazione regionale o locale, nelle aree boscate, previo parere favorevole della struttura regionale competente in materia di forestazione, sono ammessi interventi di manutenzione, restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia che non comportino la sostituzione delle strutture esistenti e, ove compatibile con il carattere architettonico delle strutture edilizie preesistenti, di ampliamento in elevazione per aumentare l'altezza netta dei piani esistenti fino al raggiungimento, per ciascun piano, di quella stabilita dalle vigenti norme in materia di altezza minima libera interna; è altresì consentito il mutamento della destinazione d'uso.
4. Fatto salvo il rispetto di eventuali determinazioni più restrittive della pianificazione regionale o locale, nelle aree boscate è ammesso, previo parere favorevole della struttura regionale competente in materia di forestazione, il ripristino dei fabbricati diroccati, purché risultino accatastati o la cui esistenza alla data di entrata in vigore della presente legge sia provata da documentazione fotografica o scritta. Gli interventi di ripristino eseguibili sui fabbricati anzidetti consistono in un insieme sistematico di opere, nel rispetto dei relativi elementi tipologici, formali e strutturali, desumibili dallo stato dei fabbricati medesimi o dalla documentazione fotografica o scritta attestante la loro preesistenza.
5. Fatte salve le eventuali determinazioni più restrittive della pianificazione regionale o locale, nelle fasce di salvaguardia di cui al comma 10, è ammessa l'esecuzione di costruzioni e infrastrutture agricole senza possibilità di mutamento della destinazione d'uso.
6. In caso di motivata necessità, nelle aree boscate è ammessa l'esecuzione di opere infrastrutturali direttamente attinenti al soddisfacimento di interessi generali.
7. Sono inoltre ammessi, previo parere della struttura regionale competente in materia di forestazione ed in coerenza con i criteri precisati con la deliberazione della Giunta regionale di cui all'art. 22, gli interventi infrastrutturali per la costruzione di accessi alle strutture intercluse nei boschi, la costruzione di altre infrastrutture primarie necessarie e gli interventi di miglioramento fondiario, di recupero produttivo e di riordino fondiario che interessino terreni un tempo coltivati e divenuti boscati per effetto dell'abbandono.
8. L'esecuzione delle opere di cui ai commi 5 e 6 è subordinata al parere vincolante della Giunta regionale, su proposta dell'assessore competente in materia di forestazione, sentita la conferenza di pianificazione di cui all'art. 15, comma 3.
9. I Comuni individuano e delimitano in apposita cartografia catastale gli ambiti di cui al comma 1, in base alle definizioni recate dal comma 2, con deliberazione del Consiglio comunale soggetta ad approvazione della Giunta regionale, che vi provvede, sentite le strutture regionali competenti, entro centoventi giorni dalla ricezione degli atti relativi; decorso inutilmente tale termine, l'individuazione e la delimitazione degli ambiti di cui al comma 1, quali deliberati dal Consiglio comunale, si intendono approvate; l'individuazione e la delimitazione delle aree boscate costituiscono parte integrante del PRG e possono essere sottoposte a periodiche revisioni, recependo le modificazioni verificatesi; sono fatte salve le individuazioni e le delimitazioni delle aree boscate effettuate e approvate ai sensi della normativa in materia urbanistica e di pianificazione territoriale previgente alla presente legge.
10. Nella delimitazione degli ambiti di cui al comma 1, i Comuni possono prevedere una fascia di salvaguardia inedificabile circostante le aree boscate; fino all'approvazione dell'individuazione e della delimitazione degli ambiti di cui al comma 1, la fascia predetta è fissata in metri trenta; essa esclude le zone destinate all'edificazione dai PRG vigenti; il relativo vincolo di inedificabilità non si applica alle costruzioni e alle infrastrutture agricole di cui al comma 5 né alle opere di cui ai commi 6 e 7.
11. I Comuni definiscono, di concerto con la struttura regionale competente in materia di tutela del paesaggio, i territori coperti da foreste e da boschi ai fini dell'applicazione della l. 431/1985.
Art. 34
(Zone umide e laghi)
1. E' vietata l'edificazione nelle zone umide e nelle fasce circostanti le zone umide e i laghi naturali per una profondità di metri cento dalle sponde, salve restando le disposizioni di cui al presente articolo (15).
1bis. Per i laghi artificiali, intesi come massa d'acqua ottenuta sbarrando con opere ingegneristiche una sezione del collettore di un bacino idrografico, a volte costituito da un preesistente lago naturale, i Comuni perimetrano le eventuali fasce di salvaguardia con la procedura di cui al comma 5 e disciplinano gli interventi in esse consentite fermo restando il rispetto dei vincoli paesaggistici di cui alla normativa statale vigente (16).
2. Ai fini della presente legge e fatti comunque salvi i laghi elencati nell'Appendice "4 Aree di specifico interesse paesaggistico, storico, culturale o documentario - Aree di pertinenza di laghi - L" della Relazione illustrativa del PTP (17):
a) per zona umida si intende uno specchio d'acqua privo di affluenti superficiali o servito da affluenti superficiali di portata minima, caratterizzata dalla bassa profondità delle acque, dalla diffusa presenza di vegetazione acquatica emersa e dall'assenza di stratificazione termica o di termoclino durevole sull'intera superficie o sulla massima parte di essa;
b) per lago naturale si intende una massa d'acqua, avente superficie non inferiore a 5.000 metri quadrati durante i periodi di magra, occupante una conca completamente circondata da terre emerse;
c) (18)
2bis (19)
3. Fatto salvo il rispetto di eventuali determinazioni più restrittive della pianificazione regionale o locale, negli ambiti di cui al comma 1 sono ammessi:
a) per una profondità di 20 metri dalle sponde, gli interventi previsti all'articolo 40, comma 2, delle norme di attuazione del PTP;
b) per una profondità compresa tra 20 e 100 metri dalle sponde, oltre agli interventi di cui alla lettera a), interventi di manutenzione, restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia. Ove compatibile con il carattere architettonico delle strutture edilizie preesistenti, è ammesso l'ampliamento, compresa la sopraelevazione, per adeguare l'edificio a specifiche leggi in materia di sicurezza o norme igienico-sanitarie, ed in particolare per aumentare l'altezza netta dei piani esistenti fino al raggiungimento, per ciascun piano, di quella stabilita dalle vigenti norme in materia di altezza minima libera interna. E' altresì consentito il mutamento della destinazione d'uso, nonché la costruzione di autorimesse strettamente connesse con gli edifici esistenti, previo parere favorevole delle strutture regionali competenti in materia di laghi e zone umide (20).
4. In caso di motivata necessità, nelle fasce circostanti le zone umide e i laghi naturali di cui al comma 3, la Giunta regionale, acquisiti, tramite conferenza di servizi, i pareri delle strutture regionali competenti in materia di tutela del paesaggio e di urbanistica, nonché di quelle competenti in relazione alla specifica natura dell'intervento proposto, può deliberare l'approvazione dei progetti di interventi d'interesse generale aventi particolare rilevanza sociale ed economica; la rilevanza predetta o l'interesse generale devono essere riconosciuti, con adeguata motivazione, nella deliberazione che ammette la deroga; i progetti devono essere corredati di specifiche valutazioni idrogeologiche e ambientali e devono essere coerenti con la tutela e valorizzazione delle zone umide e dei laghi naturali o artificiali (21).
4bis. Per le zone umide e i laghi, la procedura di deroga di cui al comma 4, ove necessario, è ricompresa in quella di cui all'articolo 4 delle norme di attuazione del PTP (22).
5. I Comuni individuano e delimitano in apposita cartografia catastale gli ambiti di cui al comma 1, in base alle definizioni di cui al comma 2, e quelli di cui al comma 1bis, con deliberazione del Consiglio comunale soggetta ad approvazione della Giunta regionale, che vi provvede, sentite le strutture regionali competenti in sede di conferenza di pianificazione di cui all'articolo 15, comma 3, entro centoventi giorni dal ricevimento dei relativi atti; decorso inutilmente tale termine, l'individuazione e la delimitazione degli ambiti di cui ai commi 1 e 1bis, come deliberati dal Consiglio comunale, si intendono approvate; l'individuazione e la delimitazione delle zone umide e dei laghi naturali costituiscono parte integrante del PRG e possono essere sottoposte a periodiche revisioni, recependo le modificazioni verificatesi; sono fatte salve le individuazioni e le delimitazioni delle zone umide e dei laghi naturali effettuate e approvate ai sensi della normativa in materia urbanistica e di pianificazione territoriale previgente alla data di entrata in vigore della presente legge (23).
Art. 35
(Classificazione dei terreni sedi di frane o di fenomeni di trasporto in massa e relativa disciplina d'uso) (24)
1. I terreni sedi di frane in atto o potenziali sono distinti, in funzione della pericolosità geologica, nelle classi alta, media e bassa.
2. La delimitazione delle aree alluvionabili dalle colate detritiche avviene, in funzione di tre diversi gradi di intensità del fenomeno, in aree ad elevata, media e bassa pericolosità, con le modalità e secondo le procedure di cui all'articolo 38, sulla base di idonei studi realizzati secondo specifiche metodiche di valutazione della pericolosità, definite con deliberazione della Giunta regionale.
3. Nelle aree di cui ai commi 1 e 2 sono ammissibili gli interventi compatibili con un adeguato livello di sicurezza delle aree stesse, gli interventi finalizzati alla difesa, stabilizzazione e consolidamento dei terreni e al miglioramento della tutela della pubblica incolumità dai dissesti e gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti.
4. I progetti relativi agli interventi ammissibili devono essere corredati di uno specifico studio sulla compatibilità dell'intervento con lo stato di dissesto esistente e sull'adeguatezza delle condizioni di sicurezza in atto e di quelle conseguibili con le opere di mitigazione del rischio necessarie.
5. Nelle aree di cui ai commi 1 e 2, e per quelle di cui all'articolo 36, sono consentiti gli interventi conseguenti a proroghe, varianti e rinnovi del titolo abilitativo che non comportino la modifica sostanziale dell'opera come originariamente prevista e, in particolare, che non aumentino il numero di unità immobiliari o che non mutino la destinazione d'uso e che non siano incompatibili con lo stato di dissesto esistente.
6. Nelle aree di cui ai commi 1 e 2, e per quelle di cui all'articolo 36, gli interventi devono comunque garantire la sicurezza dell'esercizio delle funzioni cui sono destinati, compatibilmente con lo stato di dissesto in essere o potenziale. In caso di motivata necessità:
a) la Giunta regionale può deliberare l'esecuzione di interventi diretti alla salvaguardia di rilevanti interessi economici e sociali; tali progetti devono essere corredati di uno specifico studio sulla compatibilità dell'intervento con lo stato di dissesto esistente e sull'adeguatezza delle condizioni di sicurezza in atto e di quelle conseguibili con le opere di mitigazione del rischio necessarie;
b) il Comune può autorizzare, per le aree e gli edifici isolati o per le infrastrutture e gli edifici danneggiati o distrutti in caso di dissesti idraulici, geologici o valanghivi, la realizzazione di interventi edilizi, compresi i mutamenti di destinazione d'uso, altrimenti non consentiti, che presuppongono preventivi interventi di protezione a carico del promotore dell'iniziativa e che assicurano un grado di protezione adeguato all'uso dell'area. Nel caso di aree isolate sono ammissibili gli interventi di nuova edificazione relativa ad attività agro-silvo-pastorali o artigianali, a strutture connesse alla pratica delle attività escursionistica ed alpinistica o alla ristorazione a diretto servizio delle piste da sci. Per gli interventi di protezione non è comunque ammesso alcun finanziamento pubblico, salvo che per gli interventi diretti alla salvaguardia di edifici di proprietà degli enti pubblici.
7. Per le aree a diversa pericolosità di cui ai commi 1 e 2, la Giunta regionale, sentito il Consiglio permanente degli enti locali, stabilisce con propria deliberazione, le trasformazioni, gli interventi, gli usi e le attività consentiti, connessi alla pianificazione urbanistica.
Art. 36
(Disciplina d'uso dei terreni a rischio di inondazioni)
1. I terreni a rischio di inondazioni prodotte dalla Dora Baltea, nel territorio posto a valle della confluenza del torrente Grand-Eyvia nella Dora stessa, si identificano con le fasce fluviali di cui al piano stralcio delle fasce fluviali del piano di bacino del fiume Po, di seguito denominato piano stralcio, ai sensi dell'art. 17, comma 6ter, della legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), e successive modificazioni.
2. Il trasferimento dei limiti delle fasce fluviali, di cui al comma 1, dalle tavole grafiche del piano stralcio alla cartografia comunale è effettuato con le procedure di cui all'art. 38, comma 4bis (25).
3. Per i corsi d'acqua naturali dei quali il piano stralcio non delimita le fasce fluviali, i terreni a rischio di inondazioni sono delimitati, con le modalità di cui all'art. 38, dai Comuni; la Giunta regionale delibera i criteri per la delimitazione dei suddetti terreni a rischio di inondazioni, in coerenza con le prescrizioni del piano stralcio.
4. Ai terreni a rischio di inondazioni di cui ai commi 1 e 3 si applicano le disposizioni della deliberazione della Giunta regionale che disciplinano le trasformazioni, gli interventi, gli usi e le attività, nonché quelle che regolano la pianificazione urbanistica (26).
5. Il PRG, traducendo nel territorio del Comune i relativi indirizzi del PTP, disciplina i divieti, le limitazioni e le prescrizioni riguardanti i territori ricadenti nelle fasce C del piano stralcio, ed in quelle analoghe di cui al comma 3, con particolare riguardo alla dispersione di sostanze nocive.
Art. 37
(Classificazione dei terreni soggetti al rischio di valanghe o slavine e relativa disciplina d'uso)
1. I terreni soggetti al rischio di valanghe o slavine sono distinti, in funzione dell'intensità degli eventi attesi e della loro frequenza, in:
a) aree ad elevato rischio;
b) aree a medio rischio;
c) aree a debole rischio.
2. Nelle aree di cui al comma 1, lettera a), sono consentiti:
a) gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
b) gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici e delle infrastrutture. Ogni intervento strutturalmente e staticamente rilevante comporta l'adeguamento delle strutture e l'esecuzione di specifiche opere di protezione, atte a garantire la resistenza ai massimi effetti degli eventi attesi in tali aree;
c) gli interventi di restauro e di risanamento conservativo degli edifici e delle infrastrutture, compreso l'eventuale mutamento della destinazione d'uso degli immobili, purché la destinazione d'uso sia relativa allo svolgimento di attività circoscritte alla stagione estiva. Ogni intervento strutturalmente e staticamente rilevante comporta l'adeguamento delle strutture e l'esecuzione di specifiche opere di protezione, atte a garantire la resistenza ai massimi effetti degli eventi attesi in tali aree;
d) la realizzazione di opere di protezione attiva e passiva e di riduzione del rischio idrogeologico;
e) la nuova costruzione di infrastrutture:
1) di tipo puntuale, quali opere di captazione, prese d'acqua e impianti di telecomunicazioni;
2) di tipo lineare o a rete, quali acquedotti, fognature, reti irrigue, elettrodotti, reti telematiche, impianti di risalita, piste di sci, piste tagliafuoco e forestali, sistemazioni ed adeguamenti stradali, piste di servizio temporanee ad uso esclusivamente stagionale e rete sentieristica;
3) di tipo areale, quali sistemazioni di terreni, bonifiche agrarie ed aree ludico-sportive ad uso esclusivamente estivo;
f) gli interventi di nuova costruzione di strade poderali di servizio ad alpeggi e mayen fruibili solo nella stagione estiva, nonché gli interventi di nuova costruzione e ristrutturazione di fabbricati rurali utilizzati esclusivamente per le attività agro-pastorali durante il periodo estivo, a condizione che gli stessi presentino orientamento, struttura, altezza o morfologia idonei a resistere ai massimi effetti degli eventi attesi in tali aree (27).
2bis. I progetti relativi agli interventi di cui al comma 2, lettere e) ed f), devono fondarsi su specifiche analisi di interferenza valanghiva e sulla specifica valutazione dell'adeguatezza delle condizioni di sicurezza in atto o di quelle conseguibili con le opere di difesa necessarie (28).
3. Fatto salvo il rispetto delle determinazioni più restrittive del PTP e dei PRG, nelle aree di cui al comma 1, lettera b), ferma restando l'eseguibilità degli interventi di cui al comma 2 con le cautele tecniche, le limitazioni e la procedura ivi previste, sono consentite la nuova costruzione o la ristrutturazione di edifici ed infrastrutture, a condizione che le stesse presentino orientamento, struttura, altezza o morfologia idonei a resistere ai massimi effetti degli eventi attesi in tali aree. I relativi progetti devono fondarsi su specifiche analisi di interferenza valanghiva e sulla specifica valutazione dell'adeguatezza delle condizioni di sicurezza in atto o di quelle conseguibili con le opere di difesa necessarie. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche nelle aree di cui al comma 1, lettera c), in relazione ai massimi effetti degli eventi attesi in tali aree (29).
4. (30)
5. La Giunta regionale, con apposita deliberazione, determina:
a) i criteri e i parametri per la delimitazione delle classi di aree soggette al rischio di valanghe o slavine;
b) i coefficienti relativi ai massimi effetti degli eventi attesi in ciascuna classe di aree;
c) i criteri per la progettazione degli interventi ammissibili.
6. I progetti relativi agli interventi nelle aree di cui al comma 1, ad eccezione degli interventi da realizzare su manufatti esistenti che non comportano la diretta esposizione ai fenomeni valanghivi, e le modifiche strutturali staticamente rilevanti dei manufatti stessi sono sottoposti al parere vincolante della struttura regionale competente in materia di rischio valanghivo (31).
Art. 38
(Compiti dei Comuni)
1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, i Comuni individuano, con deliberazione del Consiglio comunale, i terreni di cui agli art. 35, 36, comma 3, e 37, in conformità alle disposizioni degli articoli medesimi ed ai criteri, parametri e coefficienti individuati dalla Giunta regionale ai sensi degli art. 36, comma 3, e 37, comma 5, e ne delimitano il perimetro in apposita cartografia, sia su base catastale, sia su carta tecnica regionale in scala 1:10.000; in caso di difformità tra le due delimitazioni prevale quella a base catastale.
2. La cartografia di cui al comma 1 costituisce parte integrante del PRG ed è soggetta ad approvazione da parte della Giunta regionale, la quale vi provvede, sentite le strutture regionali competenti, riunite nella conferenza di pianificazione di cui all'articolo 15, comma 3, alla quale partecipano altresì i tecnici incaricati della redazione della cartografia, entro centoventi giorni dalla ricezione dei relativi atti comunali; ove tale termine decorra inutilmente, la cartografia si intende approvata (32).
3. Qualora i Comuni non provvedano all'individuazione degli ambiti di cui agli art. 33, 34, 35, 36 e 37 entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale provvede all'individuazione, delimitazione ed approvazione di tali ambiti.
4. La cartografia di cui al comma 1 è sottoposta a revisione da parte del Comune interessato o della Giunta regionale, per recepire le modificazioni verificatesi a seguito:
a) di eventi calamitosi o di aggiornamenti del quadro dei dissesti idrogeologici;
b) di indagini e studi di dettaglio della pericolosità idrogeologica di parti del territorio;
c) del mutamento sostanziale del quadro di riferimento alla base delle delimitazioni già approvate (33).
4bis. La revisione della cartografia di cui al comma 1 avviene con le procedure di cui ai commi 1 e 2 ove proposta dal Comune interessato oppure da parte della Giunta regionale, sulla base di specifiche indagini di approfondimento della situazione di dissesto sviluppate dalla struttura regionale competente in materia di difesa del suolo, che richiede l'attivazione della procedura di revisione alla struttura regionale competente in materia di urbanistica, che a sua volta provvede, nei successivi sessanta giorni, alla convocazione della conferenza di pianificazione di cui all'articolo 15, comma 3, alla quale partecipano i responsabili delle strutture regionali competenti in materia di urbanistica, difesa del suolo e vincoli idrogeologici, il Sindaco, o suo delegato, del Comune interessato dalle perimetrazioni ed altri soggetti eventualmente individuati dal responsabile del procedimento in relazione ai contenuti della modifica. (34).
CAPO II
FASCE DI RISPETTO
Art. 39
(Disposizioni comuni)
1. Nelle fasce di rispetto di cui al presente Capo, sono ammessi, fatte salve le disposizioni relative a ciascun tipo di fascia, gli interventi seguenti:
a) interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo delle costruzioni esistenti; sono ammessi altresì gli interventi di ristrutturazione edilizia purché non comportino la sostituzione della costruzione esistente, né, fatti salvi gli interventi di cui alla lett. b), la realizzazione di ampliamenti;
b) interventi di sopraelevazione delle costruzioni esistenti nella misura minima sufficiente per consentire a ciascun piano abitabile di raggiungere l'altezza interna minima netta stabilita dall'art. 95;
c) impianti tecnici connessi con le strutture o infrastrutture per la cui salvaguardia è prevista la fascia di rispetto;
d) impianti per il trasporto e la trasformazione dell'energia e quelli per la fornitura di pubblici servizi.
2. Le aree comprese nelle fasce di rispetto di cui al presente Capo sono computabili ai fini dell'edificabilità nelle aree esterne alle fasce stesse, ove ammesso dal PRG e nei limiti e con le modalità stabiliti dal PRG medesimo.
3. Le larghezze minime delle fasce di rispetto di cui al presente Capo sono stabilite con deliberazione del Consiglio regionale.
Art. 40
(Fasce di rispetto stradali)
1. Il PRG indica le fasce di rispetto, a tutela delle strade carrabili, di larghezza non inferiore alle misure stabilite dalle disposizioni applicabili in materia di sicurezza stradale.
2. Il PRG stabilisce, ove non disciplinato dalle disposizioni in materia di sicurezza stradale, le distanze minime dall'asse delle strade carrabili nonché le distanze minime delle costruzioni, dei muri di cinta e degli altri manufatti dall'asse delle strade pedonali in misura non inferiore ai valori stabiliti dal Consiglio regionale ai sensi dell'art. 39, comma 3.
3. Le larghezze delle fasce di rispetto stradali, oltreché nel rispetto delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, sono definite dal PRG tenuto conto delle esigenze riguardanti la visibilità dalle strade, la ragionevole probabilità di ampliamenti della carreggiata, di inserimenti di allacciamenti e di insediamenti di impianti accessori.
4. Anche nelle more dell'adeguamento del PRG alla presente legge, gli interventi edilizi devono rispettare sia le disposizioni degli strumenti urbanistici sia le disposizioni in materia di sicurezza stradale in quanto applicabili.
5. Nelle fasce di rispetto stradale è ammessa l'esecuzione, oltreché degli interventi di cui all'art. 39, comma 1, di percorsi ciclabili e pedonali, di parcheggi, di impianti per la distribuzione del carburante e connesse altre attività di servizio agli utenti della strada.
Art. 41
(Fasce di rispetto dei corsi d'acqua e delle vasche di carico)
1. Ferme restando le maggiori limitazioni derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 36, le varianti di adeguamento al PRG devono indicare fasce di rispetto dei corsi d'acqua naturali pubblici contenuti negli appositi elenchi e, ove del caso, dei canali artificiali a cielo libero, delle vasche di carico a cielo libero e a quote di campagna, aventi larghezze non inferiori a quelle stabilite dal Consiglio regionale con la deliberazione di cui all'art. 39, comma 3.
Art. 42
(Fasce di tutela, rispetto e protezione delle captazioni e delle opere di stoccaggio delle acque per consumo umano)
1. Le varianti di adeguamento del PRG devono definire ed evidenziare zone di tutela assoluta, di rispetto e di protezione, sia con riferimento alle captazioni, sia con riguardo alle opere di stoccaggio dell'acqua, nel rispetto delle disposizioni dei commi 2, 3, 4, 5 e 6.
2. Le zone di tutela assoluta sono adibite esclusivamente ad opere di presa e a costruzioni di servizio; esse devono essere recintate e provviste di canalizzazione per le acque meteoriche e devono avere un'estensione di raggio non inferiore a dieci metri, ogni qualvolta sia possibile; l'estensione della zona di tutela assoluta è adeguatamente ampliata in relazione alla situazione locale di vulnerabilità e di rischio della risorsa.
3. Le zone di rispetto sono delimitate in relazione alle risorse idriche da tutelare e devono comunque avere un'estensione di raggio non inferiore a duecento metri rispetto al punto di captazione; tale estensione può essere ridotta in relazione alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa.
4. Le varianti di adeguamento del PRG definiscono l'ampiezza delle zone di protezione e stabiliscono le destinazioni e gli interventi che vi sono ammessi, ove del caso limitandoli ed imponendo misure a tutela della captazione o dello stoccaggio.
5. Nell'adempiere a quanto disposto dal comma 4, le varianti di adeguamento del PRG applicano altresì le prescrizioni del PTP.
6. Nelle more dell'adeguamento del PRG, trovano comunque applicazione le disposizioni di legge in materia, con le relative norme di attuazione, nonché le prescrizioni direttamente prevalenti e cogenti del PTP.
Art. 43
(Ulteriori fasce di rispetto)
1. Le varianti di adeguamento del PRG devono prevedere ed evidenziare fasce di rispetto dalle linee ferroviarie e tramviarie, dalle officine e dagli impianti strumentali connessi con le linee predette, di ampiezza non inferiore a quanto stabilito dalle vigenti disposizioni di legge in materia e dalle relative norme di attuazione; le fasce predette sono misurate in proiezione orizzontale dalla più vicina rotaia o dal limite esterno dell'officina o dell'impianto, in coerenza con le disposizioni statali richiamate.
2. Le varianti di adeguamento del PRG devono prevedere ed evidenziare, in coerenza con le disposizioni di legge in materia:
a) le servitù aeronautiche per gli impianti aeroportuali;
b) le fasce di rispetto degli impianti di risalita e funiviari, nonché delle attrezzature complementari;
c) le fasce di rispetto dei cimiteri.
3. Le varianti di adeguamento del PRG, nel rispetto delle determinazioni della deliberazione del Consiglio regionale di cui all'art. 39, comma 3, devono disporre in merito:
a) alle distanze minime delle stalle e delle relative concimaie dalle abitazioni, dalle aree urbanizzate e dalle aree di cui è prevista l'urbanizzazione;
b) alla costituzione, in forma di ecosistemi-filtro o di tamponi ecologici, di fasce di rispetto, di idonea larghezza, attorno agli impianti industriali le cui lavorazioni siano pericolose o insalubri, ai depositi di materiali nocivi o che determinano impatti negativi sul paesaggio, alle discariche e agli impianti di depurazione delle acque reflue.
4. Il PRG può determinare ulteriori misure protettive inerenti all'uso e alla sistemazione del territorio circostante alle strutture e alle aree di cui al comma 3.
TITOLO VI
PIANI, PROGRAMMI E PROGETTI ATTUATIVI
CAPO I
PROGETTI E PROGRAMMI ATTUATIVI DEL PTP
Art. 44
(Progetti e programmi integrati)
1. Per l'attuazione del PTP, oltre agli strumenti urbanistici comunali generali e di dettaglio, ai piani e programmi settoriali ai sensi di legge e ai programmi di sviluppo turistico di cui all'art. 47, sono utilizzabili gli strumenti seguenti:
a) progetti operativi integrati di rilievo regionale (PTIR);
b) progetti operativi integrati di rilievo sub-regionale (PTIL);
c) programmi integrati di interesse regionale (PMIR).
2. I progetti e i programmi integrati riguardano gli ambiti individuati dal PTP nonché altri ambiti che siano individuati, motivatamente, dal Consiglio regionale di propria iniziativa o per iniziativa della Giunta regionale o su richiesta di Comuni.
3. Alla formazione dei progetti e programmi integrati provvede la Giunta regionale di propria iniziativa o per iniziativa dei Comuni territorialmente interessati, applicando le procedure di cui agli art. 27 e 28.
Art. 45
(Progetti operativi integrati)
1. I progetti operativi integrati, sia di rilevanza regionale sia di rilevanza subregionale, provvedono:
a) a definire l'ambito territoriale o funzionale di riferimento del progetto, mediante indicazioni cartografiche, descrizione degli elementi funzionali e altre eventuali rappresentazioni ritenute idonee allo scopo;
b) a precisare i campi di applicazione degli indirizzi del PTP;
c) ad integrare, ove ritenuto opportuno, motivatamente sulla base degli esiti di nuovi studi o indagini, gli indirizzi del PTP attinenti all'ambito considerato dal progetto;
d) a dare attuazione agli indirizzi del PTP, modificando, eventualmente, le previsioni e le prescrizioni del PRG;
e) ad effettuare, alla scala urbanistica, le indagini ritenute necessarie per la corretta definizione dei diversi interventi previsti;
f) a definire, alla scala urbanistica o di dettaglio, in relazione alla dimensione dell'ambito di riferimento e alle problematiche progettuali, gli interventi da effettuare e le azioni da intraprendere, indicando il periodo di riferimento e specificando:
1) i soggetti pubblici e privati coinvolti;
2) gli immobili interessati dagli interventi e le modalità per acquisirne la disponibilità;
3) le autorizzazioni necessarie;
4) l'entità della spesa globale, ivi comprese le spese tecniche e fiscali, ripartita nei diversi esercizi finanziari, per l'esecuzione degli interventi progettati, distinguendo le quote a carico dei soggetti pubblici da quelle a carico dei soggetti privati;
5) le fonti di finanziamento;
6) il programma temporale degli interventi;
7) il programma di manutenzione delle opere, dei manufatti e degli impianti relativi ai progetti preliminari di cui alla lett. g), con la quantificazione della relativa spesa annuale, distinguendo le quote a carico dei soggetti pubblici da quelle a carico dei soggetti privati;
g) a definire, ai sensi della normativa in materia di lavori pubblici, i progetti preliminari degli interventi, la cui esecuzione è ritenuta essenziale per l'avvio dell'attuazione dell'intero progetto.
Art. 46
(Programmi integrati)
1. I programmi integrati provvedono:
a) a definire l'ambito territoriale o funzionale di riferimento del programma, mediante indicazioni cartografiche, descrizioni degli elementi funzionali ed altre eventuali rappresentazioni ritenute idonee allo scopo;
b) a integrare, ove ritenuto opportuno, motivatamente sulla base degli esiti di nuovi studi o indagini, gli indirizzi del PTP attinenti agli ambiti considerati dal programma;
c) a definire, con riferimento a insiemi più o meno complessi di interventi, alla cui progettazione si provvede con i progetti integrati di cui all'art. 45 o con altri strumenti operativi di tipo urbanistico o settoriale:
1) i soggetti pubblici e privati coinvolti e le azioni che competono a ciascuno di essi;
2) le risorse disponibili, distinguendo quelle di provenienza pubblica da quelle di provenienza di privati;
3) le priorità temporali in ordine alle diverse azioni e ai diversi interventi considerati e alle loro concatenazioni, tenuto conto delle risorse disponibili.
Art. 47
(Programmi di sviluppo turistico)
1. I programmi di sviluppo turistico attengono all'attuazione degli indirizzi del PTP, concernenti la valorizzazione delle risorse e delle peculiarità delle diverse stazioni e località turistiche considerate, mediante la programmazione di azioni e interventi tra loro coordinati sia di competenza pubblica sia di competenza di privati.
2. I programmi di sviluppo turistico sono costituiti da una relazione motivazionale e illustrativa delle scelte generali e degli specifici interventi previsti, con gli allegati grafici ritenuti opportuni per completare la rappresentazione degli interventi medesimi; essi definiscono:
a) le azioni e gli interventi previsti e le aree direttamente interessate;
b) i soggetti pubblici e privati coinvolti e le azioni e gli interventi che competono a ciascuno di essi;
c) le risorse disponibili, distinguendo quelle di provenienza pubblica da quelle di provenienza di privati;
d) le priorità temporali in ordine alle diverse azioni e ai diversi interventi considerati e alle loro concatenazioni, tenuto conto delle risorse disponibili.
3. I programmi di sviluppo turistico che riguardano il territorio di un solo Comune sono predisposti dalla Giunta comunale, di concerto con le strutture regionali competenti in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio per i casi in cui incidano su beni tutelati ai sensi delle l. 1089/1939 e 1497/1939 e della l.r. 56/1983, limitatamente alle parti incidenti sui beni stessi e sono adottati, su proposta della Giunta stessa, dal Consiglio comunale.
4. I programmi di sviluppo turistico adottati sono depositati nella segreteria comunale per quindici giorni consecutivi; del deposito è dato avviso all'albo comunale; entro trenta giorni dalla data di inizio del deposito chiunque può presentare osservazioni scritte. I programmi di sviluppo turistico sono approvati dal Consiglio comunale, che contestualmente decide sulle osservazioni presentate, ed acquistano efficacia con l'esecutività della deliberazione che li ha approvati.
5. I programmi di sviluppo turistico che riguardano il territorio di più Comuni sono formati con le procedure di cui agli art. 27 e 28; la competenza alla promozione dei relativi accordi di programma appartiene al Sindaco del Comune nel cui territorio sono prevalenti gli interventi considerati dal programma.
6. Copia dei programmi di sviluppo turistico approvati è trasmessa, per conoscenza, alle strutture regionali competenti in materia di turismo e di urbanistica nonché alla Comunità montana competente per territorio.
CAPO II
PIANI E PROGRAMMI ATTUATIVI DEL PRG
Art. 48
(Piani urbanistici di dettaglio)
1. Le norme del presente Capo disciplinano gli strumenti, i programmi, le intese e le concertazioni attuative del PRG; le disposizioni della legge statale in tema di autorizzazione a lottizzare non si applicano nel territorio della Regione.
2. Lo strumento urbanistico attuativo del PRG è il piano urbanistico di dettaglio (PUD).
3. Il PUD può essere formato ad iniziativa e cura di privati, PUD di iniziativa privata, o ad iniziativa e cura del Comune, PUD di iniziativa pubblica.
4. Il PUD ha la funzione di esplicitare, negli ambiti considerati, le indicazioni del PRG e, eventualmente, di proporre soluzioni alternative in ordine alla localizzazione dei servizi pubblici, sia puntuali, sia a rete.
5. Ove il PUD comporti variante al PRG, la variante medesima è adottata e approvata con le procedure e la disciplina delle varianti non sostanziali al PRG; le soluzioni alternative in ordine alla localizzazione dei servizi pubblici, di cui al comma 4, non costituiscono variante al PRG.
6. Le varianti al PUD di iniziativa privata e al PUD di iniziativa pubblica sono approvate con i procedimenti disciplinati, rispettivamente, dall'art. 49 e dall'art. 50.
7. Il termine di attuazione del PUD non può essere superiore a dieci anni.
Art. 49
(PUD di iniziativa privata)
1. Il PUD di iniziativa privata può essere proposto dai proprietari degli immobili che, in base al reddito catastale, rappresentino almeno due terzi del valore complessivo degli immobili interessati; nei casi in cui il PUD di iniziativa privata non interessi la totalità degli immobili, esso deve in ogni caso garantire una corretta attuazione dell'intera area con riferimento sia agli insediamenti previsti sia alle opere di urbanizzazione od altre opere pubbliche o di interesse pubblico; a tal fine il PUD deve fornire indicazioni specifiche anche per l'attuazione degli immobili comunque compresi nell'ambito sottoposto a PUD, ma non interessati dal PUD medesimo; l'attuazione delle aree non interessate dal PUD può avvenire mediante il rilascio di concessione singola purché i relativi progetti rispettino tali condizioni specifiche.
2. Il PUD di iniziativa privata è costituito dai seguenti elaborati:
a) relazione illustrativa concernente:
1) la descrizione dei luoghi, con rappresentazione, tenuto conto delle determinazioni del PRG, dei valori culturali che caratterizzano gli immobili considerati e con elencazione degli eventuali vincoli, anche in ordine alla tutela delle bellezze naturali e delle cose di interesse artistico e storico, che gravano su tutti o parte degli immobili considerati;
2) la descrizione del tipo e della dimensione degli interventi, ivi comprese le opere infrastrutturali, con indicazione dei presumibili tempi di realizzazione, e gli interventi ritenuti prioritari;
3) la verifica delle determinazioni del PUD che risultano conformi con il PRG e l'illustrazione di quelle eventuali che costituiscono varianti al PRG medesimo;
4) la stima degli investimenti occorrenti, evidenziando quelli relativi alle opere infrastrutturali;
5) il computo di massima dei contributi da versare al Comune, in relazione alla dimensione e al tipo degli interventi, tenuto conto delle opere infrastrutturali che i proponenti sono disposti a realizzare in proprio;
b) elenchi catastali degli immobili compresi nel PUD e atti comprovanti la disponibilità degli immobili stessi;
c) elaborati grafici in numero e scala adeguati, contenenti indicazioni di dettaglio in ordine:
1) alla rappresentazione delle determinazioni che risultano conformi con il PRG e di quelle eventuali che costituiscono proposte di variante al PRG medesimo; tali rappresentazioni devono essere effettuate utilizzando le basi cartografiche, le simbologie e le scale che sono proprie degli strumenti di riferimento anzidetti;
2) alle infrastrutture puntuali e a rete, sia di nuova concezione, sia di potenziamento e modificazione di quelle esistenti;
3) alla configurazione spaziale degli insediamenti;
4) alla destinazione d'uso dei vari edifici e degli spazi liberi;
5) alla simulazione fotografica dell'intervento;
d) bozza di convenzione volta a regolare i rapporti fra i proponenti medesimi, e i loro successori o aventi causa, e il Comune in ordine all'attuazione del PUD ed in particolare alla realizzazione di opere infrastrutturali e al conseguente scomputo parziale o totale della quota di contributo, afferente alla concessione, relativa agli oneri di urbanizzazione.
3. Sulle proposte di PUD di iniziativa privata si pronuncia, relativamente ad ammissibilità, completezza di elaborati e conformità al PRG, il Sindaco, sentita la commissione edilizia e previa concertazione con le strutture regionali competenti in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio, ove esso incida su beni tutelati ai sensi delle l. 1089/1939 e 1497/1939 e della l.r. 56/1983, anche attraverso apposita conferenza di servizi. Il PUD ritenuto ammissibile è depositato in pubblica visione presso la segreteria del Comune per quindici giorni; del deposito è pubblicato avviso all'albo comunale; entro trenta giorni dalla pubblicazione anzidetta chiunque può presentare osservazioni e proposte scritte; il Consiglio comunale decide in ordine alle osservazioni ed approva il PUD. Nel caso in cui il Consiglio comunale ritenga di apportare modificazioni al PUD adottato, la deliberazione contenente le modifiche viene comunicata ai soggetti interessati perché possano far pervenire, nel termine di quindici giorni, le proprie deduzioni; il PUD acquista efficacia con l'esecutività della deliberazione che lo ha approvato.
4. Il Comune trasmette alla struttura regionale competente in materia di urbanistica copia del PUD di iniziativa privata approvato entro sessanta giorni dalla data di esecutività della deliberazione di approvazione.
Art. 50
(PUD di iniziativa pubblica)
1. I piani particolareggiati, i piani di recupero, i piani delle aree da destinare a insediamenti produttivi, i piani di zona per l'edilizia economica e popolare e comunque gli strumenti urbanistici esecutivi di pubblica iniziativa disciplinati da norme di legge costituiscono PUD di iniziativa pubblica.
2. Il PUD di iniziativa pubblica è dotato di relazione illustrativa, di idonei elaborati grafici in relazione agli scopi ed alle finalità del PUD medesimo, di norme per la loro attuazione e di relazione finanziaria integrata con gli elenchi catastali degli immobili preordinati all'esproprio; la Giunta regionale precisa, con il provvedimento di cui all'art. 12, comma 4, i contenuti di tali elaborati per le finalità specificate dall'art. 21.
3. Il PUD di iniziativa pubblica è adottato con deliberazione del Consiglio comunale, sentita la commissione edilizia e previa concertazione con le strutture regionali competenti in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio, ove esso incida su beni tutelati ai sensi delle l. 1089/1939 e 1497/1939 e della l.r. 56/1983, anche attraverso apposita conferenza di servizi. Il PUD adottato è depositato in pubblica visione presso la segreteria del Comune per quindici giorni; del deposito è pubblicato avviso all'albo comunale; entro trenta giorni dalla pubblicazione anzidetta i proprietari di immobili possono presentare opposizioni e chiunque può presentare osservazioni e proposte scritte. Il Consiglio comunale decide in ordine alle opposizioni e alle osservazioni ed approva il PUD. Il PUD acquista efficacia con l'esecutività della deliberazione che lo ha approvato.
4. La deliberazione di approvazione costituisce dichiarazione di pubblica utilità delle opere pubbliche previste nel PUD.
5. Il Comune trasmette alla struttura regionale competente in materia di urbanistica, entro sessanta giorni dalla data di esecutività della deliberazione di cui al comma 4, copia del PUD di iniziativa pubblica approvato.
Art. 51
(Programmi integrati, intese e concertazioni per la riqualificazione del territorio)
1. L'attuazione del PRG, per quanto concerne la riqualificazione del territorio, può intervenire, in coerenza con il PTP, anche attraverso programmi integrati, altri programmi preordinati alla riqualificazione e al recupero degli insediamenti e dell'ambiente, intese e concertazioni disciplinate da specifiche norme; ove l'approvazione di tali atti avvenga attraverso accordi di programma, questi determinano le necessarie varianti al PRG.
2. Al fine di riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale, i Comuni possono promuovere la formazione di programmi integrati, caratterizzati dalla presenza di pluralità di funzioni, dalla integrazione di diverse tipologie di intervento, ivi comprese le opere di urbanizzazione, da una dimensione tale da incidere sulla riorganizzazione urbana e dal possibile concorso di più operatori e di risorse finanziarie pubbliche e private; soggetti pubblici e privati, singolarmente o riuniti in consorzio o associati fra loro, possono presentare al Comune programmi integrati relativi a zone in tutto o in parte edificate o da destinare a nuova edificazione al fine della loro riqualificazione urbana ed ambientale.
3. I programmi integrati possono avere ad oggetto interventi da realizzare:
a) nella aree qualificate come zone territoriali di tipo A, ai fini del loro recupero urbano ed edilizio, della valorizzazione e della qualificazione ambientale e paesaggistica e della tutela del tessuto sociale preesistente;
b) nelle aree periferiche e marginali degli abitati, per il completamento delle aree inedificate e per la ristrutturazione edilizia dell'esistente, ai fini di recuperare identità urbana e di integrare alle residenze i servizi, il verde, le attività produttive e terziarie;
c) nelle restanti aree urbane, per ristrutturazioni urbanistiche, in particolare ove esistono aree produttive e terziarie obsolete o irrazionalmente dislocate o dismesse; i programmi integrati possono avere più oggetti fra quelli individuati nelle lett. a), b) e nella presente lettera; essi non possono interessare le zone territoriali di tipo E.
4. Il programma integrato è dotato degli elaborati prescritti per i PUD di iniziativa privata nonché di quegli altri atti ed elaborati che il suo contenuto renda necessari, in particolare qualora partecipino anche soggetti privati; in tal caso esso è munito dello schema di convenzione contenente i rapporti attuativi tra i soggetti promotori ed il Comune, ivi comprese le garanzie di carattere finanziario, i tempi di realizzazione, le fasi attuative, l'entità degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, la definizione delle eventuali cessioni di aree e delle opere di urbanizzazione da realizzare, la previsione di eventuali sanzioni da applicare in caso di inottemperanza. Il programma integrato può essere proposto dai proprietari degli immobili che, in base al reddito imponibile catastale, rappresentino almeno due terzi del valore complessivo degli immobili interessati.
5. I programmi integrati sono formati e approvati mediante accordi di programma.
6. Eventuali altri programmi, intese e concertazioni ai sensi del comma 1 sono formati ed approvati con le procedure stabilite dalle specifiche norme che li disciplinano e, in difetto, mediante accordi di programma; essi sono dotati degli elaborati richiesti dalle norme medesime o, in difetto, dalle disposizioni relative agli accordi di programma.
7. Il Comune trasmette alla struttura regionale competente in materia di urbanistica, entro sessanta giorni dalla data di decorrenza della sua efficacia, copia del programma, intesa o concertazione di cui al presente articolo.
Art. 52
(Disciplina applicabile nelle zone territoriali di tipo A)
1. Nelle zone territoriali di tipo A, l'attuazione del PRG avviene, nel rispetto dei criteri, rapporti e limiti definiti con i provvedimenti di cui all'art. 22, comma 2, e all'art. 23, comma 3:
a) mediante i piani o i programmi di cui agli art. 49, 50 e 51;
b) mediante apposita normativa di attuazione del PRG di cui al comma 2.
2. Per apposita normativa di attuazione, di cui al comma 1, lett. b), si intende un insieme organico di determinazioni normative e cartografiche riguardanti essenzialmente gli aspetti edilizi, precisamente:
a) determinazioni in merito al tipo, alla dimensione degli interventi ammessi per i singoli edifici o per gruppi di edifici, nonché alle interrelazioni funzionali tra gli edifici medesimi e le aree libere private e pubbliche e alle loro sistemazioni;
b) norme da osservare per la progettazione ed esecuzione degli interventi ammessi, al fine di garantire la valorizzazione dei valori storici, artistici ed ambientali delle zone di riferimento.
3. L'apposita normativa di attuazione è formata ed approvata con la procedura di cui all'art. 50, comma 3, ovvero, nel caso in cui comporti variante al PRG, con la procedura di cui all'art. 48, comma 5.
4. In assenza di strumenti attuativi di cui al comma 1, nelle zone territoriali di tipo A, previo parere delle strutture regionali competenti in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio, nel caso in cui l'immobile sia tutelato ai sensi delle l. 1089/1939 e 1497/1939 o dalla l.r. 56/1983, sono comunque consentiti:
a) l'esecuzione di infrastrutture e servizi anche di privati nel sottosuolo delle aree libere; le aree libere sono comunque inedificabili e non possono conferire volumetria in altre zone;
b) l'esecuzione di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e risanamento conservativo;
c) l'esecuzione di interventi di ristrutturazione edilizia, nei Comuni il cui PRG abbia classificato i singoli edifici; tali interventi non possono riguardare edifici classificati monumento o documento, nonché quelli classificati di pregio storico, culturale, architettonico od ambientale; tali interventi devono, inoltre, essere tesi all'eliminazione degli elementi di contrasto ed all'adeguamento dei caratteri tipologici del fabbricato con quelli del contesto storico;
d) l'ampliamento in elevazione per aumentare l'altezza netta dei piani esistenti fino al raggiungimento, per ciascun piano, di quelle minime stabilite dalle vigenti disposizioni, ove compatibile con il carattere architettonico delle strutture edilizie preesistenti;
e) l'esecuzione di interventi di ripristino sui fabbricati diroccati mediante l'esecuzione di un insieme sistematico di opere che, nel rispetto dei relativi elementi tipologici, formali e strutturali, desumibili dallo stato attuale dei fabbricati medesimi o da documentazione fotografica o scritta, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Nei casi in cui lo stato attuale di detti fabbricati non consenta di desumere i relativi elementi tipologici, formali o strutturali e non esista, in merito, documentazione fotografica o scritta, gli interventi di ripristino non sono ammessi e il sedime del fabbricato costituisce area libera ai sensi della lett. a). Detti interventi sono sempre ammessi sempreché sussistano la strada pubblica, anche soltanto pedonale, e l'acquedotto pubblico o di uso pubblico;
f) l'esecuzione di piccole demolizioni funzionali agli interventi di cui alle lett. a), b), c), d) ed e);
g) l'esecuzione di interventi di demolizione parziale o totale, con esclusione di quegli edifici classificati monumento o documento nonché di quelli classificati di pregio storico, culturale, architettonico od ambientale, solo nei casi in cui ciò sia necessario per dare esecuzione a opere dirette a migliorare la funzionalità di infrastrutture pubbliche. Nei casi di demolizione parziale, la parte di edificio residua può essere oggetto di interventi di ristrutturazione o, qualora si tratti di fabbricato diroccato, di interventi di ripristino alle condizioni di cui alla lettera e) (35);
h) gli ampliamenti, ivi comprese le sopraelevazioni, per gli interventi di recupero di edifici pubblici, qualora giustificati dalla necessità di razionalizzare il servizio pubblico presente nell'edificio, o di adeguare l'edificio a specifiche leggi in tema di sicurezza o a norme igienico-sanitarie, previo parere favorevole delle strutture regionali competenti in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio;
i) gli ampliamenti volumetrici diretti a migliorare l'efficienza dell'organismo edilizio in rapporto a una maggiore qualificazione del servizio alberghiero previo parere favorevole delle strutture regionali competenti in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio e in materia di turismo; i fabbricati alberghieri per i quali siano rilasciate concessioni ai sensi della presente lettera non possono essere mutati di destinazione per un periodo di venti anni a partire dalla data di ultimazione dei lavori; tale vincolo di destinazione è trascritto alla conservatoria dei registri immobiliari a cura e a spese degli interessati. Gli ampliamenti volumetrici devono rispettare le disposizioni seguenti:
1) il volume aggiunto non può superare la misura del venti per cento del volume esistente alla data di entrata in vigore della presente legge computato escludendo gli ampliamenti volumetrici già realizzati in deroga; in assenza del provvedimento di cui all'art. 24 il volume da conteggiare è tutto quello emergente dal suolo a sistemazione avvenuta, con la sola esclusione del volume tecnico del sottotetto derivante da una copertura a falde inclinate nel caso in cui le falde di copertura siano appoggiate sull'estradosso del solaio soprastante l'ultimo piano abitabile, con la possibilità di interporre, tra le falde e il solaio, una trave o dormiente di altezza non superiore a centimetri quaranta; nel caso in cui le falde di copertura non siano appoggiate sull'estradosso del solaio soprastante l'ultimo piano abitabile, il sottotetto deve essere conteggiato ai fini del calcolo sia dei piani che del volume; è altresì conteggiato il volume non emergente dal suolo a sistemazione avvenuta nei casi in cui è destinato a uso residenziale, uffici e negozi, con l'esclusione dei volumi tecnici;
2) in ordine alle distanze degli edifici vicini il volume aggiunto deve rispettare le disposizioni del codice civile.
5. La Giunta regionale, con propria deliberazione, può precisare ed articolare in modo più dettagliato gli interventi di cui al comma 4 nonché precisare i contenuti della apposita normativa di attuazione di cui al comma 2.
TITOLO VII
DISCIPLINA DELL'ATTIVITA' EDILIZIA
CAPO I
REGOLAMENTO EDILIZIO E COMMISSIONE EDILIZIA
Art. 53
(Regolamento edilizio)
1. Ogni Comune deve essere dotato di regolamento edilizio.
2. Il regolamento edilizio comunale disciplina, in armonia con le disposizioni di legge:
a) la composizione, la durata, la formazione, le attribuzioni e il funzionamento della commissione edilizia, nel rispetto del criterio secondo cui l'istruttoria tecnico-giuridica delle pratiche è compito del responsabile del procedimento, mentre compete alla commissione la valutazione di merito sul progetto;
b) gli adempimenti inerenti ai titoli abilitativi edilizi e comunque alla legittimazione delle trasformazioni edilizie o urbanistiche del territorio;
c) i parametri e gli indici edilizi, i tipi di intervento edilizio o urbanistico;
d) l'inserimento ambientale, le tipologie, i requisiti prestazionali, la qualità del prodotto edilizio;
e) le prescrizioni costruttive e funzionali per i manufatti, secondo criteri rispettosi delle esigenze di tutela dell'ambiente e di contenimento dei consumi energetici.
3. Le prescrizioni del regolamento riguardanti il prodotto edilizio elencano le esigenze alle quali debbono corrispondere i requisiti prestazionali che il prodotto stesso deve possedere, senza necessità di vincolarlo a specifiche soluzioni tecniche, quantitative o formali precostituite. Il regolamento edilizio dà applicazione alle disposizioni regionali in materia di abbattimento delle barriere architettoniche.
Art. 54
(Regolamento edilizio tipo. Approvazione del regolamento edilizio)
1. Il Consiglio regionale approva un regolamento edilizio tipo da porre a disposizione dei Comuni; esso è integralmente pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione; il regolamento edilizio tipo può essere modificato o integrato con deliberazione del Consiglio regionale.
2. Il regolamento edilizio tipo individua gli argomenti sui quali il testo approvato dal Consiglio comunale può scostarsi da quello del regolamento tipo, senza che ciò pregiudichi, agli effetti di cui al comma 3, la conformità del testo comunale a quello regionale tipo.
3. L'approvazione del regolamento edilizio comunale conforme al regolamento edilizio tipo è effettuata dal Consiglio comunale e il regolamento stesso è trasmesso alla struttura regionale competente in materia di urbanistica.
4. I Comuni che non intendono avvalersi della facoltà di cui al comma 3 predispongono autonomamente un testo di regolamento edilizio, lo adottano con deliberazione del Consiglio comunale e lo trasmettono alla struttura regionale competente in materia di urbanistica per l'approvazione.
5. Nei casi di cui al comma 4, il regolamento è approvato, entro centottanta giorni dal ricevimento, dalla Giunta regionale, che può introdurre modifiche d'ufficio solo per correggere errori, chiarire prescrizioni ed operare adeguamenti a norme di legge; decorso il termine anzidetto senza che la Giunta stessa si sia pronunciata, il regolamento si intende approvato.
6. Il regolamento che richieda modifiche o rielaborazioni è restituito al Comune, con provvedimento motivato della Giunta regionale; il Comune provvede alle modifiche o alla rielaborazione richiesta e invia il regolamento alla struttura regionale competente in materia di urbanistica. La Giunta regionale assume le proprie determinazioni nei successivi novanta giorni; decorso tale termine senza che la Giunta stessa si sia pronunciata, il regolamento si intende approvato.
7. Il regolamento edilizio comunale assume efficacia con la pubblicazione per estratto nel Bollettino ufficiale della Regione della deliberazione che lo ha approvato o della dichiarazione con la quale il segretario comunale attesta l'avvenuta decorrenza del termine che costituisce approvazione.
8. Le modifiche dei regolamenti edilizi comunali sono approvate con le procedure di cui al presente articolo; le modifiche conformi alle corrispondenti disposizioni del regolamento edilizio tipo sono approvate dal Consiglio comunale.
9. Nelle more della pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione del regolamento edilizio tipo, i regolamenti edilizi comunali sono adottati e approvati con la procedura di cui ai commi 4, 5, 6 e 7.
Art. 55
(Commissione edilizia)
1. In ogni Comune è costituita la commissione edilizia, nominata dalla Giunta comunale per quanto riguarda i componenti elettivi; essa esprime pareri preventivi obbligatori non vincolanti sul merito delle proposte di PUD, di programmi, di intese e di concertazioni, attuativi del PRG, e delle relative varianti nonché sul merito delle istanze per il rilascio delle concessioni edilizie e delle relative varianti ed altresì sul merito delle eventuali istanze per pareri preventivi e sugli atti di annullamento di concessioni edilizie.
2. La Giunta comunale, il Sindaco ed i responsabili dei procedimenti edilizi hanno comunque facoltà di richiedere pareri non vincolanti alla commissione edilizia su qualsiasi questione attinente all'uso e alle trasformazioni edilizie o urbanistiche del territorio comunale.
3. La commissione edilizia ha facoltà di formulare proposte all'amministrazione comunale e agli uffici in materia edilizia o urbanistica e in tema di organizzazione e di procedimenti amministrativi riguardanti le materie predette; la commissione può inoltre individuare criteri interpretativi e regole di comportamento che intende seguire nella propria attività e richiedere all'amministrazione comunale di renderli noti pubblicamente.
4. I componenti della commissione edilizia sono scelti fra soggetti competenti per esperienza e specifica preparazione nelle discipline riguardanti l'edilizia, l'urbanistica e l'ambiente. La commissione è formata dal numero di componenti eletti definito dal regolamento edilizio in misura non inferiore a tre e non superiore a sette, ivi compreso l'esperto in materia di tutela del paesaggio individuato ai sensi della legge regionale 27 maggio 1994, n. 18 (Deleghe ai Comuni della Valle d'Aosta di funzioni amministrative in materia di tutela del paesaggio), e, in qualità di componente di diritto, da un rappresentante del servizio igienico-sanitario dell'Azienda sanitaria regionale (36).
5. La commissione edilizia elegge, nel suo ambito, il presidente e un vice-presidente; essa è tempestivamente convocata, in relazione alle richieste di pareri formulate, dal presidente o, in caso di impedimento di questi, dal vice-presidente.
6. Le sedute della commissione edilizia non sono pubbliche; quando la commissione sia chiamata a trattare argomenti specifici sui quali uno dei suoi componenti abbia interesse di carattere privato, questi deve astenersi dall'assistere all'esame, alla discussione e al giudizio, allontanandosi dall'aula.
Art. 56
(Colore e arredo urbano)
1. Le determinazioni in tema di colore, di arredo urbano ed altre analoghe materie, nei Comuni che si dotano di tale disciplina, sono approvate dal Consiglio comunale e inserite nel regolamento edilizio.
Art. 57
(Poteri del Sindaco per l'applicazione del regolamento edilizio e sanzioni)
1. Il rispetto e l'applicazione delle disposizioni del regolamento edilizio comunale è assicurato dal Sindaco anche mediante l'esercizio dei poteri di coercizione e, occorrendo, attraverso l'esecuzione d'ufficio delle necessarie opere, a spese dei contravventori.
2. La violazione delle disposizioni del regolamento edilizio è inoltre perseguita con sanzione amministrativa pecuniaria, restando impregiudicata l'applicazione di eventuali ulteriori sanzioni previste da specifiche disposizioni di legge.
3. Chiunque violi le disposizioni del regolamento edilizio comunale è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a lire cinquecentomila e non superiore a lire cinque milioni.
4. Nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria tra il limite minimo e il limite massimo si ha riguardo alla gravità della violazione, all'incidenza della stessa sull'ambiente, alla misura del pericolo creato, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze dannose.
5. Il rapporto che ha accertato la violazione è presentato al Sindaco, autorità competente a irrogare la sanzione.
6. Per quanto non disciplinato dal presente articolo, si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), in tema di sanzioni pecuniarie amministrative.
Art. 58
(Poteri del Sindaco di ordinare manutenzioni)
1. Il Sindaco ha il potere di ordinare ai proprietari degli immobili le opere di manutenzione degli stessi, ivi comprese le tinteggiature, necessarie e sufficienti ad assicurare la sicurezza, la circolazione delle persone e dei veicoli, il decoro.
2. Nei casi di cui al comma 1, trovano applicazione le disposizioni dell'art. 57; l'osservanza dei provvedimenti di cui al comma 1 è curata dal Sindaco anche mediante l'esercizio dei poteri di coercizione e, occorrendo, attraverso l'esecuzione d'ufficio delle necessarie opere, a spese dei proprietari.
CAPO II
LEGITTIMAZIONE DELL'ATTIVITA' EDILIZIA
Art. 59
(Titoli abilitativi)
1. I titoli abilitativi delle trasformazioni urbanistiche o edilizie sono costituiti:
a) dalla concessione edilizia;
b) dalla denuncia di inizio dell'attività o di esecuzione di varianti in corso d'opera;
bbis) da qualsiasi altro titolo abilitativo, comunque denominato, previsto da leggi di settore o in materia di procedimento unico, a condizione che gli interventi siano conformi alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie vigenti. (37).
2. Le attività comportanti trasformazioni urbanistiche o edilizie del territorio partecipano agli oneri ad esse conseguenti; l'esecuzione delle relative opere è obbligatoriamente subordinata a concessione rilasciata dal Comune; peraltro, le opere di cui all'art. 61 sono obbligatoriamente subordinate a denuncia di inizio di attività o a denuncia di avvenuta esecuzione.
3. Le trasformazioni urbanistiche o edilizie sono consentite in presenza delle opere di urbanizzazione occorrenti, o dell'impegno a realizzarle, o della previsione della loro prossima realizzazione risultante dagli atti di programmazione comunale.
4. Le disposizioni del presente articolo e quelle degli art. 60, 61 e 62 prevalgono sulle norme dei piani e dei regolamenti e le sostituiscono.
Art. 60
(Concessione edilizia)
1. Non appena pervenuta la domanda di concessione edilizia all'ufficio competente per il rilascio della stessa, il Comune segnala all'interessato il nominativo del responsabile del procedimento; questi cura l'istruttoria verificando la conformità dell'intervento progettato alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie.
2. Il responsabile del procedimento richiede altresì il parere della commissione edilizia assegnando a tal fine un congruo termine non inferiore a quindici giorni e non superiore a quaranta giorni; ove tale parere non sia espresso nel termine assegnato, il responsabile del procedimento conclude comunque il procedimento stesso.
3. La tempestiva acquisizione dei pareri, delle autorizzazioni e degli assensi preventivamente dovuti può essere effettuata dal responsabile del procedimento anche ricorrendo ad apposita conferenza di servizi.
4. Il procedimento per il rilascio della concessione edilizia deve essere concluso entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda di concessione edilizia, salvo il maggior tempo che risultasse indispensabile per disporre dei pareri, delle autorizzazioni e degli assensi di cui al comma 3 o per consentire l'integrazione della pratica con documenti necessari, non allegati alla domanda.
5. La decisione sulla domanda di concessione edilizia è comunicata agli interessati entro dieci giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 4.
6. Decorso inutilmente il termine di cui ai commi 4 e 5, l'interessato inoltra istanza al Presidente della Giunta regionale, affinché eserciti i poteri sostitutivi. Il Presidente della Giunta regionale nomina, entro i quindici giorni successivi, un commissario ad acta che, nel termine di trenta giorni, adotta il provvedimento che ha i medesimi effetti della concessione edilizia; gli oneri finanziari relativi all'attività del commissario sono a carico del Comune interessato.
7. Le concessioni edilizie devono stabilire i termini di inizio e di ultimazione dei lavori; il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore a due anni per i lavori pubblici ed assimilati e ad un anno in ogni altro caso; il termine per l'ultimazione delle strutture portanti verticali ed orizzontali, ivi comprese quelle attinenti alla copertura, non può essere superiore a tre anni. L'edificio deve essere utilizzabile o abitabile nei termini seguenti, articolati in relazione all'altitudine:
a) fino a m. 500 di quota: mesi 48;
b) da m. 501 a m. 1.000: mesi 51;
c) da m. 1.001 a m. 1.500: mesi 54;
d) sopra i 1500 m: mesi 60.
8. Il termine di ultimazione può essere prorogato, per cause indipendenti dalla volontà del concessionario che abbiano ritardato i lavori in corso di esecuzione; il provvedimento comunale che concede la proroga deve essere motivato.
9. Qualora i lavori non siano ultimati nei termini stabiliti, il concessionario deve richiedere una nuova concessione, per la parte di intervento non ultimata.
10. La concessione è trasferibile, mediante voltura, ai successori e agli aventi causa che abbiano il necessario titolo sul bene oggetto della concessione stessa.
11. Ogni concessione edilizia deve enunciare espressamente la destinazione, o le destinazioni, d'uso in atto e in progetto nell'immobile oggetto della concessione medesima.
12. Ove del caso, per l'incidenza che l'intervento ha sulla situazione infrastrutturale, sull'ambiente circostante, sulla necessità di coordinare azioni pubbliche e private, o per altre oggettive ragioni, il Comune può, con adeguata motivazione, subordinare il rilascio della concessione edilizia alla stipulazione di una convenzione o alla formazione di un atto unilaterale d'obbligo, con i quali il titolare della concessione assume specifici obblighi, riguardanti modalità e tempi di realizzazione, requisiti dell'opera, attuazione di opere o interventi integrativi, od altri aspetti di interesse pubblico.
Art. 61
(Denuncia di inizio dell'attività o di esecuzione di varianti in corso d'opera)
1. Non sono subordinati a concessione, e sono soggetti a denuncia di inizio dell'attività da depositare presso il Comune, i seguenti interventi:
a) opere di manutenzione straordinaria; opere di restauro e risanamento conservativo in assenza di mutamenti della destinazione d'uso;
b) opere esterne di eliminazione delle barriere architettoniche in edifici esistenti;
c) recinzioni, muri di cinta e cancellate;
d) opere di sistemazione di aree destinate ad attività sportive senza creazione di volumetria;
e) opere interne di singole unità immobiliari che non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti, non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile, non aumentino il numero delle unità immobiliari e non mutino la destinazione d'uso;
f) realizzazione di parcheggi di pertinenza, nel sottosuolo del fabbricato o del lotto su cui insiste il fabbricato stesso;
g) devoluzione a parcheggio del piano terreno, o di parte di esso, negli edifici esistenti;
h) realizzazione di condutture e impianti interrati e di impianti tecnici al servizio di edifici esistenti;
i) realizzazione di strutture pertinenziali agli edifici esistenti, come tali prive di funzioni autonome e destinate invece al servizio esclusivo degli edifici predetti, o di loro parti, le quali non comportino carico urbanistico alcuno, non determinino aggravio sulle opere di urbanizzazione e presentino piccole dimensioni;
l) opere di demolizione, reinterri e scavi di modesta entità che non attengano alla coltivazione di cave né a bonifiche agrarie;
m) manufatti e sistemazioni all'interno dei cimiteri, nel rispetto del relativo regolamento;
n) manufatti temporanei per la loro natura o per la loro funzione;
o) ricoveri per attrezzi ed altre analoghe costruzioni di piccole dimensioni, funzionali all'attività agricola, ove ammesse dal regolamento edilizio e nei limiti imposti dal regolamento medesimo;
p) intonacatura e tinteggiatura esterna degli edifici ove conforme alle disposizioni comunali in tema di colore e arredo urbano e al regolamento edilizio;
q) varianti ai progetti relativi agli interventi di cui al presente comma;
r) interventi di manutenzione idraulico-forestale dei corsi d'acqua.
2. Le disposizioni del comma 1 sono applicabili solo ove concorrano le seguenti condizioni:
a) nel caso in cui gli immobili interessati siano assoggettati alle disposizioni delle l. 1089/1939, 1497/1939, 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), ovvero alle disposizioni della l.r. 56/1983, siano state rilasciate le autorizzazioni, gli assensi o i pareri dovuti;
b) gli interventi oggetto della denuncia di inizio dell'attività siano conformi alle prescrizioni cogenti e prevalenti del PTP, alle prescrizioni dei piani di settore e dei progetti e programmi attuativi del PTP nonché a quelle degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi, dei programmi, delle intese e delle concertazioni approvati o adottati;
c) gli interventi medesimi rispettino le norme igienico-sanitarie e quelle relative alla sicurezza.
3. L'ultimazione dei lavori oggetto della denuncia di inizio dell'attività deve intervenire nel termine di un anno; decorso tale termine, cessano gli effetti abilitativi della denuncia medesima.
4. Il ricorso alla denuncia di inizio dell'attività non esonera i soggetti interessati dall'applicazione delle norme sul rischio idrogeologico, sulle opere di conglomerato cementizio, sul contenimento dei consumi energetici e delle altre disposizioni in materia edilizia.
5. In caso di denuncia di inizio dell'attività, la documentazione comprovante il titolo abilitativo è data dalle copie della denuncia recanti la data della ricezione della stessa in Comune e l'elenco degli allegati depositati presso il Comune stesso.
6. Non sono soggette ad approvazione espressa, ma a denuncia della loro esecuzione, da depositare presso il Comune prima dell'ultimazione dei lavori, le varianti realizzate in corso d'opera che presentino i seguenti requisiti:
a) rispondano alle condizioni di cui al comma 2;
b) non contrastino con prescrizioni espresse nella concessione edilizia;
c) non comportino modifiche ai volumi e alle superfici utili assentite;
d) non mutino la destinazione d'uso delle costruzioni o delle singole unità immobiliari;
e) non modifichino il numero delle unità immobiliari;
f) non alterino la sagoma né l'altezza della costruzione.
7. Alle varianti in corso d'opera di cui al comma 6 si applicano le disposizioni dei commi 4 e 5 e, ove del caso, le sanzioni in tema di opere soggette a denuncia di inizio dell'attività; si applicano altresì le norme relative a tali opere riguardanti la documentazione da allegare alla denuncia.
Art. 62
(Opere dei Comuni)
1. Le deliberazioni con le quali vengono approvati i progetti delle opere pubbliche comunali hanno i medesimi effetti delle concessioni edilizie; i relativi progetti devono peraltro essere corredati da una relazione a firma di un tecnico abilitato che attesti la conformità del progetto alle prescrizioni urbanistiche o edilizie, nonché alle norme di sicurezza, sanitarie, ambientali e paesaggistiche; i progetti stessi devono inoltre essere sottoposti all'esame della commissione edilizia del Comune.
Art. 63
(Certificato urbanistico)
1. I Comuni sono tenuti a rilasciare, a istanza di chi abbia titolo a compiere trasformazioni urbanistiche o edilizie, un certificato in cui siano indicate le prescrizioni urbanistiche riguardanti gli immobili interessati; tale certificato deve indicare altresì se gli immobili medesimi ricadano o meno negli ambiti in cui è vietata l'edificazione e comunque quali siano i vincoli riguardanti quegli immobili; il certificato di destinazione urbanistica è rilasciato dal Comune entro trenta giorni dalla presentazione della relativa istanza; esso conserva validità finché non intervengano modificazioni degli strumenti urbanistici.
CAPO III
ONEROSITA' DELLE CONCESSIONI EDILIZIE
Art. 64
(Contributo per il rilascio della concessione)
1. Il rilascio della concessione edilizia comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza delle spese di urbanizzazione nonché al costo di costruzione.
2. Sono soggetti a contributo di onerosità anche i mutamenti della destinazione d'uso privi di opere edilizie con essi connesse, ove aggravino, secondo i valori delle apposite tabelle sugli oneri di urbanizzazione, il peso insediativo; in tali casi, il contributo è costituito dai soli oneri di urbanizzazione.
2bis. Sono altresì soggetti a contributo di onerosità gli atti abilitativi di cui all'articolo 59, comma 1, lettera bbis), qualora le opere in essi previste non siano assimilabili a quelle di cui all'articolo 61, comma 1 (38).
3. Apposite deliberazioni del Consiglio regionale provvedono a disciplinare l'adeguamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione.
Art. 65
(Determinazione degli oneri di urbanizzazione)
1. L'incidenza degli oneri di urbanizzazione è stabilita, ai fini del contributo per il rilascio della concessione, con deliberazione del Consiglio comunale in base alle tabelle parametriche a loro volta definite con deliberazione del Consiglio regionale, per classi di Comuni, in relazione:
a) all'ampiezza ed all'andamento demografico dei Comuni;
b) alle caratteristiche geografiche degli stessi;
c) alle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti;
d) agli spazi da riservare per i servizi locali e ai limiti di densità edilizia, altezza e distanza definiti dal Consiglio regionale ai sensi dell'art. 23.
2. La misura degli oneri di urbanizzazione è ridotta per gli interventi di recupero dell'esistente.
Art. 66
(Determinazione del costo di costruzione per i nuovi edifici e per gli interventi su edifici esistenti a destinazione residenziale)
1. Il costo di costruzione per i nuovi edifici e per gli interventi su edifici esistenti a destinazione residenziale è determinato, ai fini della definizione e dell'applicazione del contributo per il rilascio della concessione edilizia, con deliberazione del Consiglio regionale, in misura pari ai costi massimi ammissibili definiti per l'edilizia agevolata.
2. Con il provvedimento di cui al comma 1, il Consiglio regionale identifica classi di edifici con caratteristiche superiori a quelle considerate nelle vigenti disposizioni di legge per l'edilizia agevolata, per le quali sono determinate maggiorazioni del costo di costruzione in misura non superiore al cinquanta per cento.
3. Il contributo per il rilascio della concessione comprende una quota del costo di costruzione, determinata con la deliberazione del Consiglio regionale di cui al comma 1, in funzione delle caratteristiche e delle tipologie delle costruzioni e della loro destinazione ed ubicazione.
4. La misura del costo di costruzione è ridotta per gli interventi di recupero dell'esistente.
Art. 67
(Edilizia convenzionata)
1. Per gli interventi relativi alle abitazioni permanenti o principali, ivi compresi quelli sugli edifici esistenti, la parte di contributo per il rilascio della concessione edilizia commisurata al costo di costruzione è ridotta in misura pari al cinquanta per cento.
2. La riduzione del contributo è subordinata alla stipula di una convenzione con il Comune, o al rilascio da parte del concessionario al Comune di un atto unilaterale di obbligo, recante l'impegno a mantenere, per almeno venti anni dalla data di ultimazione dei lavori, la destinazione ad abitazione permanente o principale; la convenzione o l'atto unilaterale di obbligo sono trascritti a cura del Comune e a spese del concessionario.
Art. 68
(Concessione gratuita) (39)
1. Il contributo per il rilascio della concessione edilizia non è dovuto:
a) per gli edifici rustici da realizzare in funzione della conduzione di un fondo; gli edifici rustici sono funzionali alla conduzione del fondo in quanto necessari allo sviluppo e alla razionalizzazione dell'attività dell'azienda agricola, tenuto conto dell'estensione del fondo e del tipo di coltura in esso praticata; i terreni costituenti la superficie agraria utilizzata dall'azienda devono essere di proprietà del richiedente la concessione oppure questi deve poterne disporre in forza di altro diritto reale o personale di godimento;
b) per le residenze da realizzare in funzione delle esigenze di conduzione della struttura rurale asservita. Gli edifici con destinazione d'uso residenziale sono considerati funzionali alle esigenze dell'imprenditore agricolo, nel limite dei metri quadrati massimi stabiliti dalla Giunta regionale ai sensi del comma 5. Qualora le previsioni progettuali eventualmente assentite dai PRG superino il limite anzidetto, il contributo è dovuto per la parte eccedente;
c) per le parti residenziali al servizio di alpeggi e mayen e per i dormitori del personale asserviti alle strutture di fondovalle. Tali edifici con destinazione d'uso residenziale sono funzionali alle esigenze di conduzione della struttura rurale annessa, nei limiti dei metri quadrati massimi stabiliti dalla Giunta regionale ai sensi del comma 5. Qualora le previsioni progettuali eventualmente assentite dai PRG superino il limite anzidetto, il contributo è dovuto per la parte eccedente;
d) per gli edifici funzionali all'esercizio delle attività agrituristiche;
e) per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, nonché per le opere di urbanizzazione, ancorché eseguite da privati;
f) per le opere da realizzare in attuazione di norme o di provvedimenti emanati a seguito di pubbliche calamità.
2. La funzionalità dei rustici in rapporto alla conduzione del fondo è accertata dalla struttura regionale competente in materia di agricoltura.
3. Il trasferimento della proprietà o dell'uso degli edifici di cui al comma 1 a soggetti privi dei requisiti aziendali richiesti ovvero effettuato indipendentemente dalla vendita del fondo nei dieci anni successivi alla data di ultimazione dei lavori costituisce mutamento della destinazione d'uso.
4. L'entità aziendale utile ai fini della gratuità della concessione edilizia, deve essere mantenuta per un periodo di dieci anni, decorrente dalla data di ultimazione dei lavori. Nel caso in cui tale obbligo sia violato, il contributo per il rilascio della concessione edilizia è dovuto nella misura massima determinata con riferimento al momento dell'avvenuta variazione. Non si procede al recupero del contributo nel caso in cui la variazione consegua a forza maggiore o sia occasionale e temporanea e l'interessato provveda a riportare la dimensione aziendale ad un livello equivalente a quello minimo richiesto ai fini della gratuità.
5. La Giunta regionale stabilisce, con propria deliberazione, i criteri e le modalità di applicazione del presente articolo.
Art. 69
(Concessioni relative ad opere o impianti non destinati alla residenza)
1. La concessione relativa a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali comporta la corresponsione di un contributo pari all'incidenza delle opere di urbanizzazione, di quelle necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie alla sistemazione dei luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche; l'incidenza di tali opere è stabilita con la deliberazione del Consiglio comunale di cui all'art. 65 in base a parametri che il Consiglio regionale definisce, con deliberazione, in relazione a quanto disposto dall'art. 65, comma 1, lett. a) e b), nonché in relazione ai tipi di attività produttiva.
2. Il contributo afferente alle concessioni relative alla ristrutturazione e alla riconversione di fabbricati o impianti destinati ad attività industriali ed artigianali dirette alla trasformazione di beni è ridotto, rispettivamente, ad un decimo e ad un quinto di quello stabilito per i nuovi insediamenti industriali e artigianali ai sensi del comma 1.
3. Ai fini delle disposizioni del comma 2 sono:
a) di ristrutturazione, i progetti funzionali alla riorganizzazione delle imprese attraverso la razionalizzazione, il rinnovo, l'aggiornamento tecnologico, la sostituzione di fabbricati e di impianti esistenti nell'ambito dell'area occupata dall'impresa alla data dell'istanza di concessione;
b) di riconversione, i progetti funzionali all'introduzione di produzioni appartenenti a comparti merceologici diversi attraverso la modificazione dei cicli produttivi e la sostituzione di fabbricati e di impianti esistenti nell'ambito dell'area occupata dall'impresa alla data dell'istanza di concessione.
4. Costituisce inoltre ristrutturazione o riconversione ai sensi del comma 3 la riutilizzazione di fabbricati industriali abbandonati che vengono destinati a nuovi insediamenti industriali e artigianali.
5. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano altresì ai progetti di costruzione di nuovi fabbricati o impianti destinati ad attività industriali e artigianali in sostituzione di fabbricati e impianti da riordinare ai sensi di determinazioni del PTP recepite nel PRG.
6. La concessione relativa a costruzioni o impianti destinati ad attività turistiche, commerciali e direzionali comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza delle opere di urbanizzazione determinata ai sensi dell'art. 65 e costituito altresì da una quota, non superiore al dieci per cento, del costo documentato di costruzione da stabilirsi, in relazione ai diversi tipi di attività, con deliberazione del Consiglio comunale.
7. Qualora la destinazione d'uso delle opere indicate nel presente articolo, nonché di quelle previste dall'art. 68, comma 1, lettere a), b), c) e d), venga modificata nei dieci anni successivi all'ultimazione dei lavori, il contributo della concessione è dovuto nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione, determinata con riferimento al momento dell'intervenuta variazione (40).
Art. 70
(Versamento del contributo afferente alla concessione)
1. La quota di contributo per oneri di urbanizzazione è rateizzata in non più di quattro rate semestrali; i concessionari sono tenuti a prestare ai Comuni idonee garanzie.
2. A scomputo totale o parziale della quota di contributo per oneri di urbanizzazione dovuta, il concessionario può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune.
3. La quota di contributo commisurata al costo di costruzione è determinata all'atto del rilascio della concessione ed è corrisposta in corso d'opera con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune e, comunque, non oltre sessanta giorni dall'ultimazione dei lavori.
Art. 71
(Destinazione dei proventi delle concessioni)
1. I proventi dei contributi per le concessioni e delle sanzioni ad essi relative sono destinati alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici, nonché a spese di manutenzione del patrimonio immobiliare comunale (41).
Art. 72
(Ritardato o omesso versamento del contributo afferente alla concessione)
1. Il mancato versamento, nei termini di legge, del contributo per il rilascio della concessione, o di parte di esso, comporta:
a) l'aumento del contributo, o della parte di esso non versata, in misura pari al venti per cento qualora il versamento sia effettuato nei successivi centoventi giorni;
b) l'aumento in misura pari al cinquanta per cento quando, superato il termine di cui alla lett. a), il ritardo si protragga non oltre i successivi sessanta giorni;
c) l'aumento in misura pari al cento per cento quando, superato il termine di cui alla lett. b), il ritardo si protragga ulteriormente.
2. Le misure di cui alle singole lettere del comma 1 non si cumulano.
3. Nel caso di pagamento rateizzato, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano ai ritardi nei pagamenti delle singole rate.
4. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2, lett. c), il Comune provvede alla riscossione coattiva del complessivo credito con apposita ingiunzione.
CAPO IV
DESTINAZIONE D'USO
Art. 73
(Destinazioni d'uso e relative categorie)
1. L'uso cui l'immobile, o parte di esso, è destinato, sotto il profilo delle attività da svolgere nell'immobile stesso, costituisce la destinazione d'uso.
2. Le destinazioni d'uso sono raggruppate nelle seguenti categorie:
a) destinazione ad usi ed attività di tipo naturalistico;
b) destinazioni ad usi ed attività di carattere agro-silvo-pastorale;
c) destinazione a residenza temporanea legata alle attività agro-silvo-pastorali;
d) destinazione ad abitazione permanente o principale;
dbis) destinazione ad abitazione temporanea (42);
e) destinazione ad usi ed attività produttive artigianali o industriali, di interesse prevalentemente locale;
f) destinazione ad usi ed attività commerciali, di interesse prevalentemente locale;
g) destinazione ad usi ed attività turistiche e ricettive;
h) destinazione ad attività produttive industriali non collocabili in contesti urbano-abitativi;
i) destinazione ad attività commerciali non collocabili in contesti urbano-abitativi;
l) destinazione ad attività sportive, ricreative e per l'impiego del tempo libero, richiedenti spazi specificamente destinati ad attrezzature, impianti o servizi, o apposite infrastrutture;
m) destinazione ad attività pubbliche di servizio o di pubblico interesse.
3. All'interno di ogni categoria di destinazioni d'uso, opera la presunzione che gli usi e le attività diano luogo allo stesso peso insediativo; di contro, si presume che il passaggio dall'una all'altra categoria dia luogo a pesi insediativi diversi, e richieda pertanto standard potenzialmente diversi.
Art. 74
(Mutamento della destinazione d'uso)
1. Si ha mutamento della destinazione d'uso quando l'immobile, o parte di esso, viene ad essere utilizzato, in modo non puramente occasionale e momentaneo, per lo svolgimento di attività appartenenti ad una categoria di destinazioni, fra quelle elencate all'art. 73, comma 2, diversa da quella in atto.
2. Il mutamento della destinazione d'uso, come disciplinato dal presente articolo, sussiste anche in assenza di opere edilizie ad esso funzionali.
3. Il mutamento della destinazione d'uso da cui deriva la necessità di dotazioni aggiuntive di servizi e spazi pubblici costituisce trasformazione urbanistica ed è soggetto a concessione edilizia; la destinazione d'uso finale deve essere ammessa dal PRG e dal PTP nell'area o nell'immobile interessati; quando una destinazione d'uso non sia ammessa dal PRG o dal PTP nell'area o nell'immobile interessati, fatto salvo quanto stabilito nel comma 4, non sono consentite trasformazioni edilizie o urbanistiche preordinate a quella destinazione e non è consentito destinare quell'immobile, o parte di esso, a quell'uso, ancorché in assenza di opere edilizie.
4. Gli immobili, o loro parti, di fatto impiegati per usi diversi da quelli ammessi dal PRG o dal PTP nell'area o nell'immobile interessati, permanendo la destinazione esclusa, possono essere sottoposti solo ad interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria o di consolidamento statico.
5. L'indicazione delle destinazioni d'uso, in atto e previste, che deve essere contenuta nei progetti delle trasformazioni edilizie o urbanistiche, nei PUD e nei programmi, nelle intese e nelle concertazioni attuativi del PRG, deve risultare idonea ad individuare univocamente la categoria di destinazioni d'uso di appartenenza. Le convenzioni degli strumenti urbanistici esecutivi e gli atti dei programmi, delle intese e delle concertazioni attuativi del PRG, nonché le convenzioni e gli atti unilaterali d'obbligo che eventualmente accompagnino le concessioni edilizie devono contenere l'obbligazione, assunta anche per gli aventi causa, a non mutare le destinazioni d'uso, neppure parzialmente, senza concessione.
6. I provvedimenti che dispongono o che attuano il ripristino dello stato dei luoghi in presenza di violazioni edilizie o urbanistiche, ove la violazione attenga al mutamento della destinazione d'uso, contengono le prescrizioni idonee ad assicurare in concreto l'esclusione delle destinazioni d'uso non ammesse in quell'area o per quell'immobile.
TITOLO VIII
VIGILANZA E SANZIONI
Art. 75
(Vigilanza sulle trasformazioni urbanistiche o edilizie)
1. Il Sindaco esercita la vigilanza su ogni attività comportante trasformazione edilizia o urbanistica ed del territorio comunale al fine di assicurarne la rispondenza alle disposizioni di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e degli atti equipollenti, ai titoli abilitativi edilizi e alle modalità esecutive prescritte.
2. Il territorio della Regione è assoggettato a controllo dell'attività urbanistica ed edilizia, anche mediante rilevamenti aerofotogrammetrici, da parte della Regione; l'esito del controllo è comunicato ai Comuni interessati, che dispongono gli atti conseguenti.
3. Il segretario comunale redige e pubblica mensilmente, mediante affissione nell'albo comunale, l'elenco dei rapporti comunicati dagli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria riguardanti gli abusi edilizi o urbanistici rilevati, nonché delle relative ordinanze di sospensione, e lo trasmette al Presidente della Giunta regionale e all'autorità giudiziaria competente.
Art. 76
(Provvedimenti urgenti in sede di vigilanza)
1. Il Sindaco, quando accerti l'inizio, senza titolo, di trasformazioni urbanistiche o edilizie del territorio, dispone il ripristino dello stato dei luoghi, a spese dei responsabili dell'abuso, dandone notizia, nei casi di cui alle lett. a) e c), alle strutture regionali competenti, quando tali trasformazioni interessino immobili assoggettati da norme di legge o prescrizioni di piani a:
a) vincolo di inedificabilità;
b) destinazione per opere, impianti o spazi pubblici;
c) tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesaggistici e ambientali.
2. Fermo restando quanto stabilito nel comma 1, qualora sia constatata l'inosservanza delle disposizioni, prescrizioni e modalità esecutive di cui all'art. 75, il Sindaco ordina l'immediata sospensione dei lavori e, ove questa sia disattesa, l'apposizione dei sigilli al cantiere; tali provvedimenti hanno effetto fino all'adozione degli atti definitivi, anche in via sostitutiva; nei successivi quarantacinque giorni il Sindaco adotta e notifica i provvedimenti definitivi.
3. Per le opere eseguite da amministrazioni statali o insistenti su aree del demanio o del patrimonio statale, il Sindaco informa immediatamente il Presidente della Giunta regionale, il quale provvede a darne comunicazione al Ministro per i lavori pubblici, ai fini dell'adozione degli atti in conformità alla procedura indicata nell'art. 51 del d.p.r. 182/1982.
Art. 77
(Provvedimenti conseguenti all'esecuzione di trasformazioni in assenza di concessione, in totale difformità da essa o con variazioni essenziali)
1. Il Sindaco, accertata l'esecuzione di trasformazioni in assenza di concessione, in totale difformità dalla medesima oppure con variazioni essenziali, previa diffida a provvedere entro congruo termine, ordina la demolizione delle opere e comunque il ripristino dello stato dei luoghi.
2. Ove il responsabile dell'abuso non provveda alla demolizione e, in ogni caso, al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni, l'immobile oggetto dell'abuso e l'area di pertinenza dello stesso, determinata sulla base delle norme urbanistiche vigenti, e comunque non superiore a dieci volte l'area di sedime, sono acquisite gratuitamente al patrimonio del Comune.
3. L'accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione o ripristino nel termine prescritto, previa notifica all'interessato, costituisce titolo di acquisto della proprietà e titolo per l'immissione nel possesso, nonché per la trascrizione nei registri immobiliari.
4. Acquisita la proprietà, lo stato dei luoghi viene ripristinato su ordinanza del Sindaco e a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che il Consiglio comunale non dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici che ostino al ripristino, in assenza di rilevanti interessi urbanistici o ambientali allo stesso.
5. Nel caso di trasformazioni abusivamente eseguite su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionali, a vincolo di inedificabilità, l'acquisizione si verifica di diritto e gratuitamente a favore della Regione, salvo che si tratti di trasformazioni eseguite su aree vincolate ai fini della difesa dello Stato o di servizi di carattere nazionale, nel qual caso l'acquisizione, previo l'espletamento della procedura di cui al presente articolo, ha luogo a favore dell'ente cui compete la vigilanza sull'osservanza del vincolo; il Sindaco, qualora accerti l'esecuzione di trasformazioni abusive su tali terreni, è tenuto a darne immediata comunicazione, a seconda dei casi, al Presidente della Giunta regionale o all'amministrazione statale competente, cui spetta provvedere al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell'abuso; nell'ipotesi di concorso di vincoli soggetti alla vigilanza di differenti amministrazioni pubbliche, l'acquisizione si verifica a favore del patrimonio del Comune.
6. Le disposizioni dei commi 2, 3, 4 e 5 non trovano applicazione nel caso in cui le trasformazioni eseguite in assenza di concessione, in totale difformità dalla medesima oppure con variazioni essenziali interessino entità immobiliari non indipendenti; in tal caso, ove i responsabili dell'abuso non ottemperino all'ordine di cui al comma 1 nel termine di novanta giorni, la demolizione, o comunque il ripristino, è eseguita a cura del Comune e le relative spese, maggiorate del dieci per cento, sono poste a carico dei responsabili dell'abuso.
7. Nel caso di cui al comma 6, qualora, sulla base di motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, la demolizione o il ripristino non risultino possibili, il Sindaco irroga una sanzione pecuniaria pari al doppio del valore venale dell'opera abusiva o, se questo non è determinabile, dell'aumento di valore dell'immobile conseguente alla realizzazione dell'opera stessa, determinato dall'ufficio tecnico del Comune.
Art. 78
(Definizione delle trasformazioni in totale difformità dalla concessione o con variazioni essenziali)
1. Sono trasformazioni eseguite in totale difformità dalla concessione quelle che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso, per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche, localizzative o di utilizzazione, dall'organismo oggetto della concessione stessa, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile.
In particolare, danno luogo a totale difformità:
a) il mutamento della destinazione d'uso in misura superiore al cinquanta per cento della superficie abitabile o utilizzabile indicata in progetto;
b) l'aumento della superficie utile abitabile o utilizzabile in misura superiore al trenta per cento di quella indicata in progetto;
c) l'aumento dell'altezza di un edificio, misurata all'imposta della copertura, in misura superiore al venti per cento di quella indicata in progetto;
d) l'aumento dell'altezza di un edificio, misurata nel punto più elevato della copertura, in misura superiore al venti per cento di quella indicata in progetto;
e) l'esecuzione di un edificio su di un lotto di terreno diverso da quello indicato in progetto;
f) l'aumento del numero delle unità immobiliari in misura superiore al cinquanta per cento di quello indicato in progetto.
2. Sussiste variazione essenziale rispetto al progetto approvato quando si verifica anche una sola delle condizioni seguenti:
a) il mutamento della destinazione d'uso in misura compresa tra il venticinque e il cinquanta per cento della superficie utile abitabile o utilizzabile indicata in progetto;
b) l'aumento della superficie utile abitabile o utilizzabile in misura compresa tra il venti e il trenta per cento di quella indicata in progetto;
c) l'aumento dell'altezza di un edificio, misurata all'imposta della copertura, in misura compresa tra il dieci e il venti per cento di quella indicata in progetto;
d) l'aumento dell'altezza di un edificio, misurata nel punto più alto della copertura, in misura compresa tra il dieci e il venti per cento di quella indicata in progetto;
e) l'esecuzione di un edificio in posizione sostanzialmente diversa da quella indicata in progetto, ancorché nello stesso lotto di terreno;
f) l'aumento del numero delle unità immobiliari in misura compresa tra il venticinque e il cinquanta per cento di quello indicato in progetto;
g) il mutamento del tipo di intervento edilizio rispetto a quello assentito, in relazione alla classificazione dei tipi di intervento sull'edificazione esistente contenuta nel PRG o, in difetto, nelle norme regionali o statali;
h) la violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.
Art. 79
(Provvedimenti conseguenti alla realizzazione di ristrutturazioni edilizie in assenza di concessione o in totale difformità dalla concessione)
1. Il Sindaco, accertata l'esecuzione di ristrutturazioni edilizie eseguite in assenza di concessione o in totale difformità da essa, previa diffida a provvedere entro un congruo termine, ordina la demolizione o la rimozione e comunque la riduzione dell'opera in conformità alle prescrizioni edilizie o urbanistiche e alla concessione ove esistente.
2. Ove i responsabili dell'abuso non ottemperino all'ordine di cui al comma 1 nel termine di novanta giorni, il ripristino è eseguito a cura del Comune e le relative spese, maggiorate del dieci per cento, sono poste a carico dei responsabili dell'abuso.
3. Qualora, sulla base di motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, il ripristino di cui al comma 1 non risulti possibile, il Sindaco irroga una sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento di valore dell'immobile, conseguente alla realizzazione delle opere, determinato dall'ufficio tecnico del Comune.
4. Qualora le violazioni riguardino immobili vincolati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) e della l.r. 56/1983, l'assessore regionale competente in materia di beni culturali o di tutela del paesaggio, in relazione alla natura del vincolo, salva restando l'applicazione di misure e sanzioni previste da altre norme, può ordinare, qualora lo ritenga necessario, la totale o parziale restituzione in pristino a cura e spese dei responsabili dell'abuso, indicando i criteri e le modalità diretti a ricostituire l'originario organismo edilizio, o disporre l'irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di importo non inferiore a euro 600 e non superiore a euro 6.000 (43).
5. Qualora le violazioni riguardino immobili, non vincolati, compresi nelle zone territoriali di tipo A, il Sindaco richiede alle strutture regionali competenti in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio apposito parere vincolante circa la riduzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria; se il parere non viene reso entro centoventi giorni dalla richiesta, il Sindaco provvede autonomamente.
Art. 80
(Provvedimenti conseguenti a difformità parziali)
1. Il Sindaco, accertata l'esecuzione di trasformazioni in parziale difformità dalla concessione, previa diffida a provvedere entro un congruo termine, ordina la demolizione o la rimozione o comunque l'eliminazione delle difformità.
2. Ove i responsabili dell'abuso non ottemperino all'ordine di cui al comma 1 nel termine di novanta giorni, il ripristino è eseguito a cura del Comune e le relative spese, maggiorate del dieci per cento, sono poste a carico dei responsabili dell'abuso.
3. Qualora, sulla base di motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, il ripristino anzidetto non risulti possibile senza pregiudizio di ciò che risulta conforme alla concessione, il Sindaco irroga, in luogo dei provvedimenti di cui al comma 1, una sanzione pari al doppio del valore venale dell'opera abusiva o, se questo non è determinabile, dell'aumento di valore dell'immobile, conseguente alla realizzazione dell'opera stessa, determinato dall'ufficio tecnico del Comune.
Art. 81
(Provvedimenti conseguenti a trasformazioni abusive in immobili di proprietà della Regione, di Comuni o di Comunità montane)
1. Qualora sia accertata l'esecuzione di trasformazioni in assenza di concessione o in totale o parziale difformità dalla medesima, ovvero con variazioni essenziali, in immobili di proprietà della Regione, di Comuni o di Comunità montane, il Sindaco dispone, previa diffida a provvedere entro un congruo termine e sentito l'ente proprietario dell'immobile ove questi sia la Regione o una Comunità montana, l'eliminazione della trasformazione abusiva ed il ripristino dello stato dei luoghi, da effettuare entro novanta giorni.
2. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 1, la riduzione in pristino è eseguita a cura del Comune e le relative spese, maggiorate del dieci per cento, sono poste a carico dei responsabili dell'abuso.
Art. 82
(Provvedimenti conseguenti alle violazioni in tema di denuncia di inizio dell'attività o di esecuzione di varianti in corso d'opera)
1. Il Sindaco, accertata l'esecuzione di trasformazioni soggette a denuncia di inizio dell'attività in assenza della denuncia stessa, o in difformità rispetto a quanto in essa dichiarato, qualora la trasformazione riguardi immobili tutelati ai sensi delle l. 1089/1939 o 1497/1939 o della l.r. 56/1983 o siti in fasce di rispetto o soggetti ad allineamenti imposti, o dia luogo a lesione ambientale per specifica disposizione di piano o di regolamento, o causi situazione di pericolo, previa diffida a provvedere entro un congruo termine, ordina la demolizione o la rimozione o comunque l'eliminazione delle opere abusive.
2. Ove i responsabili dell'abuso non ottemperino all'ordine di cui al comma 1 nel termine di novanta giorni, il ripristino è eseguito a cura del Comune e le relative spese, maggiorate del dieci per cento, sono poste a carico dei responsabili dell'abuso.
3. Qualora, sulla base di motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, il ripristino anzidetto non risulti possibile senza pregiudizio di ciò che risulta conforme alla concessione, il Sindaco irroga, in luogo dei provvedimenti di cui al comma 1, una sanzione pari al doppio del valore venale dell'opera abusiva o, se questo non è determinabile, dell'aumento di valore dell'immobile, conseguente alla realizzazione dell'opera stessa, determinato dall'ufficio tecnico del Comune.
4. Al di fuori dei casi previsti dal comma 1, l'esecuzione di trasformazioni soggette a denuncia di inizio dell'attività in assenza della denuncia stessa, o in difformità rispetto a quanto in essa dichiarato, comporta l'irrogazione, da parte del Sindaco, di una sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione delle opere stesse, determinato dall'ufficio tecnico del Comune, con il minimo di un milione di lire; in caso di denuncia di inizio dell'attività effettuata quando le opere sono in corso di esecuzione, la sanzione predetta è applicata nella misura minima; nel caso in cui non sia determinabile un aumento del valore venale dell'immobile, la sanzione medesima è irrogata in un importo compreso fra un milione e dieci milioni di lire, in dipendenza della gravità del fatto.
5. Alla mancata tempestiva denuncia di avvenuta esecuzione delle varianti in corso d'opera si applicano le sole sanzioni pecuniarie di cui al comma 4, anche nel caso in cui la variante incida su opere dotate di concessione edilizia.
Art. 83
(Annullamento della concessione)
1. In caso di annullamento della concessione, qualora non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il Sindaco applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, determinato dall'ufficio tecnico del Comune.
2. L'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria di cui al comma 1 produce gli effetti della concessione in sanatoria.
Art. 84
(Sanatoria)
1. Fino alla scadenza dei termini fissati negli ordini del Sindaco di ripristino, e fino all'irrogazione delle sanzioni pecuniarie, i responsabili dell'abuso dotati di idoneo titolo possono richiedere la concessione in sanatoria quando l'intervento è conforme agli strumenti di pianificazione nonché ai piani, programmi, intese e concertazioni attuativi del PRG e non contrasta con quelle dei piani medesimi, adottate, sia con riferimento al tempo della realizzazione dell'intervento, sia con riguardo al momento della presentazione della domanda di concessione in sanatoria.
2. Il procedimento per il rilascio della concessione edilizia in sanatoria dev'essere concluso entro novanta giorni dalla presentazione della domanda, salvo il maggior tempo che risultasse indispensabile per disporre dei pareri, delle autorizzazioni e degli assensi dovuti, o per consentire l'integrazione della pratica con documenti necessari, non allegati alla domanda.
3. La decisione sulla domanda di concessione edilizia in sanatoria è comunicata agli interessati entro dieci giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2.
4. Decorso inutilmente il termine di cui ai commi 2 e 3, l'interessato inoltra istanza al Presidente della Giunta regionale, affinché eserciti i poteri sostitutivi; il Presidente della Giunta regionale nomina, nei quindici giorni successivi, un commissario ad acta che, nel termine di trenta giorni, adotta il provvedimento che ha i medesimi effetti della concessione edilizia; gli oneri finanziari relativi all'attività del commissario sono a carico del Comune interessato.
5. Il rilascio della concessione in sanatoria è subordinato al pagamento di una sanzione pecuniaria irrogata dal Sindaco, sanzione che si aggiunge al contributo per il rilascio della concessione ove dovuto; la sanzione è di importo pari al contributo anzidetto, con il minimo di un milione di lire.
6. In caso di parziale difformità, la sanzione è calcolata con riferimento alla parte di intervento difforme dalla concessione.
7. Nei casi in cui non sia determinabile il contributo per il rilascio della concessione, la sanzione è irrogata in un importo compreso fra un milione e dieci milioni di lire, in dipendenza della gravità del fatto.
Art. 85
(Lottizzazione abusiva)
1. Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio quando viene predisposta o attuata la trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni stessi, sia mediante la realizzazione di opere, sia mediante qualsiasi attività diretta alla suddivisione dei terreni a scopo edificatorio.
2. Nel caso in cui il Sindaco accerti l'attività di lottizzazione di terreni a scopo edificatorio in assenza di PUD o di altri equipollenti piani, programmi, intese o concertazioni, ne dispone la sospensione con ordinanza notificata ai proprietari delle aree e agli altri soggetti responsabili.
3. Trascorsi novanta giorni senza che sia intervenuta la revoca del provvedimento di sospensione di cui al comma 2, le aree lottizzate sono acquisite di diritto e gratuitamente al patrimonio disponibile del Comune, che provvede, mediante ordinanza del Sindaco, alla demolizione delle opere eventualmente eseguite.
4. Qualora una lottizzazione sia iniziata prima dell'approvazione del relativo PUD od altro atto equipollente, ma sia comunque conforme al PRG vigente al momento di presentazione della domanda di approvazione del PUD o dell'equipollente programma, intesa o concertazione, gli interessati possono conseguirne l'approvazione in sanatoria previa stipulazione di una convenzione col Comune che preveda:
a) la cessione gratuita, entro termini prestabiliti, delle aree necessarie per le opere infrastrutturali, sia puntuali, sia a rete, in base alle indicazioni e alle prescrizioni del PRG;
b) la quantificazione e l'assunzione degli oneri relativi alla realizzazione delle opere di cui alla lett. a) anche mediante l'esecuzione diretta delle opere stesse;
c) i termini, non superiori a dieci anni a decorrere dalla data di approvazione del PUD o dell'equipollente programma, intesa o concertazione, entro i quali devono essere ultimate le opere anzidette;
d) congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione.
5. Al Comune deve essere, comunque, corrisposta, a titolo di sanzione pecuniaria, una somma pari alla maggior somma tra quella complessivamente dovuta per contributi per il rilascio delle concessioni e quella pari agli oneri di cui al comma 4, lett. b). La convenzione è approvata con deliberazione del Consiglio comunale contestualmente all'approvazione del PUD, o dell'equipollente programma, intesa o concertazione.
Art. 86
(Soggetti responsabili)
1. Il titolare della concessione, il committente e il costruttore sono responsabili, ai fini del presente Titolo, della conformità delle trasformazioni alla disciplina urbanistica, ivi comprese le previsioni di piano, nonché, unitamente al direttore dei lavori, al titolo abilitativo edilizio e alle modalità esecutive prescritte; essi sono, altresì, tenuti al pagamento delle sanzioni pecuniarie e solidalmente alle spese per l'esecuzione in danno, in caso di riduzione in pristino, salvo che dimostrino di non essere responsabili dell'abuso.
2. Il direttore dei lavori non è responsabile qualora abbia contestato agli altri soggetti la violazione delle prescrizioni della concessione edilizia, fornendo al Comune contemporanea motivata comunicazione della violazione stessa; nei casi di totale difformità dalla concessione, o di variazioni essenziali, il direttore dei lavori deve inoltre rinunciare all'incarico contestualmente alla comunicazione predetta; in caso contrario, il Comune segnala al consiglio del competente ordine o collegio professionale la violazione in cui è incorso il direttore dei lavori.
Art. 87
(Procedura per la riduzione in pristino e poteri sostitutivi)
1. In tutti i casi in cui la riduzione in pristino deve avvenire a cura del Comune, essa è disposta dal Sindaco su valutazione tecnico-economica approvata dalla Giunta comunale; i relativi lavori sono affidati, anche a trattativa privata, a imprese tecnicamente e finanziariamente idonee.
2. Qualora la procedura di affidamento di cui al comma 1 non abbia esito, il Sindaco ne dà notizia al Presidente della Giunta regionale, il quale provvede alla riduzione in pristino con i mezzi a disposizione dell'amministrazione regionale ovvero tramite impresa se i lavori non siano eseguibili in gestione diretta; il rifiuto ingiustificato da parte delle imprese di eseguire i lavori comporta le sanzioni previste dalla legislazione in materia.
3. In caso di inerzia comunale in ordine agli obblighi di vigilanza e di irrogazione delle sanzioni di cui al presente Titolo, che si protragga per più di tre mesi dal momento in cui avrebbero dovuto essere compiuti gli atti del caso, il Presidente della Giunta regionale, previa diffida, nomina un commissario ad acta; questi adotta i provvedimenti necessari entro trenta giorni dalla nomina; le spese per l'attività del commissario sono a carico del Comune.
TITOLO IX
POTERI DI DEROGA E DI ANNULLAMENTO
Art. 88
(Poteri di deroga)
1. I poteri di deroga previsti da norme vigenti di PRG o di regolamento edilizio possono essere esercitati limitatamente ai casi di edifici e impianti pubblici o di interesse pubblico.
2. Gli edifici e gli impianti di interesse pubblico per i quali siano rilasciate concessioni in deroga ai sensi del comma 1 non possono essere mutati di destinazione per un periodo di anni venti a decorrere dalla data di ultimazione dei lavori; il vincolo di destinazione è trascritto, a cura e spese del concessionario o suo avente causa, entro la data di ultimazione dei lavori.
3. Per l'esercizio dei poteri di deroga, il Sindaco, previa favorevole deliberazione del Consiglio comunale, trasmette la relativa domanda alla struttura regionale competente in materia di urbanistica; la concessione può essere rilasciata solo previo nullaosta della struttura stessa sentita la conferenza di pianificazione di cui all'art. 15, comma 3.
4. Sono inderogabili le norme di attuazione del PRG e quelle del regolamento edilizio concernenti le destinazioni di zona, le modalità di attuazione e le distanze minime tra le costruzioni.
Art. 89
(Annullamento di provvedimenti comunali)
1. Entro dieci anni dalla loro adozione, le deliberazioni o gli altri provvedimenti comunali in materia di urbanistica e di edilizia non conformi a disposizioni di legge, a prescrizioni direttamente cogenti e prevalenti del PTP, a norme e prescrizioni di regolamenti, di strumenti urbanistici e di altri atti equipollenti, quali programmi, intese e concertazioni attuativi del PRG, possono essere annullati con decreto del Presidente della Giunta regionale, previa deliberazione della Giunta stessa.
2. Il provvedimento di annullamento è emesso entro diciotto mesi dall'accertamento delle violazioni ed è preceduto dalla contestazione delle violazioni al titolare della concessione, al proprietario della costruzione e al progettista, nonché all'amministrazione comunale, con l'invito a presentare controdeduzioni entro un termine all'uopo prefissato.
3. In pendenza delle procedure di annullamento riguardanti atti che autorizzano opere, l'assessore regionale competente in materia di urbanistica può ordinare la sospensione dei lavori; il provvedimento è comunicato all'amministrazione comunale; l'ordine di sospensione cessa di avere efficacia se, entro sei mesi dalla sua notificazione, non è stato emesso il decreto di annullamento.
4. I provvedimenti di sospensione dei lavori e il decreto di annullamento sono resi noti al pubblico mediante l'affissione nell'albo comunale.
TITOLO X
NORME FINALI
Art. 90
(Disposizioni relative al piano regolatore della conca di Pila)
1. Il piano regolatore urbanistico e paesaggistico della conca di Pila, in Comune di Gressan, approvato, ai sensi della legge regionale 11 marzo 1968, n. 9 (Norme per l'approvazione del piano regolatore della Conca di Pila, nel Comune di Gressan), e successive modificazioni, con deliberazione della Giunta regionale n. 1742 del 17 aprile 1968, forma parte integrante del PRG del Comune di Gressan.
2. Il PRG del Comune di Gressan è integrato con gli elaborati costituenti gli allegati A, B, C e D della l.r. 9/1968, come successivamente modificati.
3. Le eventuali modifiche e varianti al PRG del Comune di Gressan, ivi comprese quelle concernenti gli elaborati indicati nel comma 2, sono adottate e approvate con gli atti e le procedure di cui alla presente legge.
4. Ai progetti di utilizzazione previsti nell'allegato D richiamato nel comma 2 si applicano le disposizioni di cui all'art. 49.
Art. 91
(Vincoli preordinati all'espropriazione e vincoli che comportano inedificabilità)
1. Le indicazioni del PRG, nella parte in cui incidono su beni determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all'espropriazione o a vincoli che comportino l'inedificabilità, perdono ogni efficacia, qualora entro cinque anni dalla data di imposizione del vincolo non siano stati approvati i relativi PUD o i relativi programmi, intese o concertazioni attuativi del PRG; l'efficacia dei vincoli predetti non può essere protratta oltre il termine di attuazione del PUD.(44)
2. Decorsi i termini di cui al comma 1, per gli immobili già assoggettati a vincolo trova applicazione la disciplina urbanistica delle relative zone di appartenenza; è tuttavia facoltà del Comune riconfermare motivatamente tali vincoli ai sensi dell'art. 14, comma 5, lett. g) (45).
Art. 92
(Opere costruite su aree soggette al divieto di attività edificatoria ai sensi di norme regionali non più vigenti)
1. Possono essere sanate, se conformi alle norme di legge e dei piani vigenti al momento della presentazione della domanda di sanatoria e, nelle aree sottoposte a vincolo di tutela ambientale, previo parere favorevole della struttura regionale competente in materia di tutela del paesaggio, le opere realizzate su aree già soggette al divieto di attività edificatoria ai sensi della normativa in materia urbanistica e di pianificazione territoriale previgente alla presente legge, in base a concessioni o autorizzazioni annullate o illegittimamente rilasciate.
Art. 93
(Pubblicità stradale)
1. Restano ferme le norme di legge regionale in tema di limitazione e disciplina della pubblicità stradale in Valle d'Aosta ai fini della tutela del paesaggio.
Art. 94
(Servitù militari)
1. Sono fatte salve le servitù concernenti le esigenze di difesa nazionale ai sensi delle leggi recanti norme in tema di servitù militari.
Art. 95
(Norme di integrazione delle vigenti disposizioni statali in materia di altezza minima e di requisiti igienico-sanitari dei locali di abitazione)
1. Il limite altimetrico al di sopra del quale è consentita, tenuto conto delle condizioni climatiche e di esposizione e della tipologia edilizia delle singole località, una riduzione dell'altezza minima interna utile dei locali abitabili a metri 2,55, è di 300 metri sul livello del mare. L'altezza minima può essere inferiore a metri 2,55 ma, comunque, non inferiore a metri 2,40 nelle località site oltre 1100 metri sul livello del mare.
2. Nell'effettuazione di opere di restauro o di rinnovamento funzionale di fabbricati soggetti alla disciplina della l. 1089/1939, è consentito mantenere l'attuale situazione di fatto dei locali di abitazione limitatamente all'altezza interna utile, alla superficie degli alloggi monostanza e delle stanze da letto e di soggiorno e alla superficie finestrata apribile.
3. Nell'effettuazione di opere di risanamento conservativo o di ristrutturazione di fabbricati compresi nelle zone territoriali di tipo A, si applicano i limiti seguenti:
a) altezza minima interna utile dei locali di abitazione: metri 2,20; il limite dell'altezza minima interna utile dei locali di abitazione in metri 2,20 dev'essere inteso nei termini seguenti:
1) i piani aventi locali di abitazione con altezza minima interna inferiore a metri 2,20 devono, in sede di recupero, essere sopraelevati al fine di raggiungere tale altezza minima e possono mantenere tale altezza minima, qualora già esistente;
2) i piani aventi locali di abitazione con altezza minima interna maggiore di metri 2,20 possono, in sede di recupero, essere abbassati fino a tale altezza minima;
3) nei volumi esistenti aventi destinazione non abitativa possono essere ricavati locali ad uso abitazione con altezza minima interna pari a metri 2,20, anziché con altezza pari a quella prevista per i nuovi locali di abitazione, qualora le altezze dei volumi esistenti lo consentano;
b) superficie minima delle stanze da letto:
1) stanze per una persona: metri quadrati 7,50;
2) stanze per due persone: metri quadrati 11,50;
c) superficie finestrata apribile pari a quella esistente purché non inferiore a 1/32 della superficie di pavimento.
4. In caso di locali adibiti ad abitazione aventi altezza non uniforme, le altezze minime interne utili di cui ai commi 1 e 3 devono essere intese come riferite all'altezza media dei locali abitabili.
5. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano altresì ai fabbricati ubicati esternamente alle zone territoriali di tipo A purché classificati dal PRG di pregio storico, culturale, architettonico o ambientale.
6. Per quanto non previsto dal presente articolo, si applicano le disposizioni statali in materia igienico-sanitaria relativamente all'altezza minima ed ai requisiti igienico-sanitari principali dei locali di abitazione.
7. I fabbricati destinati ad abitazione e quelli destinati ad albergo, commercio o uffici devono essere serviti da canne fumarie per permettere il riscaldamento autonomo di tutti i vani. Per ogni 100 metri quadrati di superficie utile abitabile o, in ogni caso, per ogni unità d'immobile, vi è l'obbligo di installare una canna fumaria.
Art. 96
(Modificazioni)
1. (46)
2. (47)
3. (48)
4. (48)
5. (50)
6. (51)
Art. 97
(Applicazione di disposizioni statali in materia edilizia e urbanistica)
1. Solo per quanto non disciplinato dalla presente legge e da altre leggi regionali hanno applicazione le norme statali in materia edilizia e urbanistica.
Art. 98
(Abrogazioni)
1. Sono abrogate le seguenti leggi regionali:
a) 28 aprile 1960, n. 3 (Legge regionale urbanistica e per la tutela del paesaggio in Valle d'Aosta);
b) 11 marzo 1968, n. 9 (Norme per l'approvazione del piano regolatore della Conca di Pila, nel Comune di Gressan);
c) 23 febbraio 1976, n. 11 (Norme di integrazione delle vigenti disposizioni statali in materia di altezza minima e requisiti igienico-sanitari dei locali di abitazione);
d) 16 marzo 1976, n. 12 (Modificazioni della legge regionale 28 aprile 1960, n. 3, concernente la materia urbanistica e la tutela del paesaggio, della legge regionale 5 aprile 1973, n. 13, concernente l'istituzione e il funzionamento delle Comunità montane, e della legge regionale 15 novembre 1971, n. 15, concernente i controlli sugli atti degli enti locali);
e) 16 maggio 1977, n. 33 (Interpretazione autentica della legge regionale 23 febbraio 1976, n. 11);
f) 4 aprile 1978, n. 6 (Modificazione della legge regionale 11 marzo 1968, n. 9 concernente l'approvazione del piano regolatore della Conca di Pila, in comune di Gressan);
g) 15 giugno 1978, n. 14 (Norme in materia urbanistica e di pianificazione territoriale);
h) 2 marzo 1979, n. 11 (Disciplina concernente l'edificabilità dei suoli in Valle d'Aosta e ulteriori norme in materia urbanistica);
i) 31 maggio 1979, n. 32 (Ulteriori norme in materia urbanistica e di pianificazione territoriale e disciplina concernente l'edificabilità dei suoli in Valle d'Aosta);
l) 30 ottobre 1979, n. 63 (Ulteriore modificazione della legge regionale 11 marzo 1968, n. 9, concernente l'approvazione del piano regolatore della conca di Pila in comune di Gressan);
m) 7 dicembre 1979, n. 74 (Provvedimenti in materia di edificabilità dei suoli);
n) 16 gennaio 1980, n. 1 (Sostituzione della tabella di cui all'articolo 1 della legge regionale 30 ottobre 1979, n. 63, recante ulteriore modificazione della legge regionale 11 marzo 1968, n. 9, concernente l'approvazione del piano regolatore della conca di Pila, in comune di Gressan);
o) 6 giugno 1980, n. 25 (Disciplina integrativa alle attuali disposizioni statali per l'altezza minima e le condizioni igienico-sanitarie dei locali uso di abitazione);
p) 9 giugno 1981, n. 32 (Ulteriori modificazioni della L.R. 15 giugno 1978, n. 14: norme in materia urbanistica e di pianificazione territoriale e modificazioni dell'articolo 3 della L.R. 22 luglio 1980, n. 34: disciplina delle attività di ricezione turistica all'aperto);
q) 24 agosto 1982, n. 50 (Ulteriori modificazioni della L.R. 11 marzo 1968, n. 9, concernente l'approvazione del piano regolatore della conca di Pila, in Comune di Gressan);
r) 1 aprile 1987, n. 21 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 15 giugno 1978, n. 14, concernente "norme in materia urbanistica e di pianificazione territoriale" e successive modificazioni);
s) 12 gennaio 1993, n. 1 (Piano urbanistico-territoriale avente specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, denominato piano territoriale paesistico della Valle d'Aosta);
t) 18 maggio 1993, n. 34 (Modificazioni della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 1 (Piano urbanistico-territoriale avente specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, denominato piano territoriale paesistico della Valle d'Aosta));
u) 7 aprile 1994, n. 9 (Ulteriori modificazioni alla legge regionale 12 gennaio 1993, n. 1 (Piano urbanistico-territoriale avente specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, denominato piano territoriale paesistico della Valle d'Aosta));
v) 9 agosto 1994, n. 44 (Modificazioni di norme regionali in materia urbanistica: legge regionale 28 aprile 1960, n. 3 (Legge regionale urbanistica e per la tutela del paesaggio in Valle d'Aosta); legge regionale 15 giugno 1978, n. 14 (Norme in materia urbanistica e di pianificazione territoriale); legge regionale 2 marzo 1979, n. 11 (Disciplina concernente l'edificabilità dei suoli in Valle d'Aosta e ulteriori norme in materia urbanistica); legge regionale 10 giugno 1983, n. 56 (Misure urgenti per la tutela dei beni culturali));
z) 2 dicembre 1994, n. 73 (Interpretazione autentica della legge regionale 23 febbraio 1976, n. 11 (Norme di integrazione delle vigenti disposizioni statali in materia di altezza minima e requisiti igienico-sanitari dei locali di abitazione));
aa) 2 settembre 1996, n. 32 (Ulteriori modificazioni alle leggi regionali 15 giugno 1978, n. 14 (Norme in materia urbanistica e di pianificazione territoriale) e 12 gennaio 1993, n. 1 (Piano urbanistico-territoriale avente specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, denominato piano territoriale paesistico della Valle d'Aosta). Norme di coordinamento e in materia di autorizzazione paesistica).
2. (52)
3. Il comma primo dell'art. 8 l.r. 56/1983 è abrogato.
4. L'art. 17 della legge regionale 2 novembre 1987, n. 91 (Norme concernenti le Comunità Montane) è abrogato.
5. Sono comunque abrogate le disposizioni che contrastano con le norme della presente legge.
Art. 99
(Disposizioni transitorie) (**)
1. Fino all'attuazione degli adempimenti previsti dalla legislazione in materia di sicurezza della circolazione, nell'edificazione in fregio alle strade carrabili regionali e comunali, si devono osservare le seguenti distanze minime:
a) all'interno degli insediamenti previsti dai PRG: metri 7,50 dall'asse della carreggiata per strade con carreggiata di larghezza inferiore o uguale a metri 5,00; metri 9,00 dall'asse della carreggiata per strade con carreggiata di larghezza compresa fra i metri 5,01 e metri 8,00; metri 15,00 dall'asse della carreggiata per strade con carreggiata di larghezza superiore a metri 8,00;
b) nelle altri parti del territorio: metri 14,00 dall'asse della carreggiata per strade con carreggiata di larghezza inferiore o uguale a metri 8,00; metri 27,50 dall'asse della carreggiata per strade con carreggiata di larghezza superiore a metri 8,00.
2. Si definisce carreggiata la parte di piattaforma stradale destinata al transito dei veicoli con esclusione delle aree di sosta e di parcheggio, delle piste ciclabili, dei marciapiedi nonché delle strutture non transitabili, come cunette, arginelle, parapetti e simili; fino all'approvazione del provvedimento di cui all'art. 39 la distanza minima da osservare nell'edificazione in fregio alle strade pedonali comunali è fissata in cinque metri da misurare dall'asse delle strade stesse.
3. Ove motivazioni di interesse generale o sociale lo giustifichino, nelle zone territoriali di tipo E del PRG i fabbricati agricoli o di interesse generale possono essere edificati ad una distanza dalle strade pari a quella prevista nel comma 1, lett. a); a seguito di concessione in deroga rilasciata dal Comune, previa favorevole deliberazione del Consiglio comunale e previo nullaosta della struttura regionale competente in materia di agricoltura, su parere della conferenza di pianificazione di cui all'art. 15, comma 3. Detto parere deve vertere sui seguenti elementi di valutazione:
a) interesse generale o sociale dell'opera;
b) necessità di realizzazione della medesima.
Art. 100
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entrerà in vigore il centoventesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione.
(*) L'art. 20, comma 4, della L.R. 4 novembre 2005, n. 25, ha disposto la sostituzione dell'espressione "impianti per le telecomunicazioni", ovunque ricorra nella legge, con l'espressione "strutture per radiotelecomunicazioni".
(**) Si veda, tuttavia, l'art. 20, comma 2, lettera a), della L.R. 20 novembre 2006, n. 26.
(1) Comma aggiunto dall'art. 34, comma 1, della L.R. 9 dicembre 2004, n. 30.
(2) Comma così modificato dall'art. 30, comma 1, della L.R. 15 dicembre 2003, n. 21.
(3) Comma già sostituito dall'art. 30, comma 2, della L.R. 15 dicembre 2003, n. 21, e così ulteriormente sostituito dall'art. 1, comma 1, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22.
(4) Comma inserito dall'art. 1, comma 2, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22, e così modificato dall'art. 26, comma 1, della L.R. 24 dicembre 2007, n. 34.
(5) Comma inserito dall'art. 1, comma 3, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22.
(6) Comma inserito dall'art. 1, comma 4, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22.
(7) Comma inserito dall'art. 1, comma 5, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22, e così modificato dall'art. 26, comma 1, della L.R. 24 dicembre 2007, n. 34.
(8) Comma inserito dall'art. 1, comma 6, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22.
(9) Comma aggiunto dall'art. 30, comma 3, della L.R. 15 dicembre 2003, n. 21.
(10) Comma già modificato dall'art. 2 della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22, e così ulteriormente modificato dall'art. 26, comma 2, della L.R. 24 dicembre 2007, n. 34.
(11) Comma così sostituito dall'art. 26, comma 3, della L.R. 24 dicembre 2007, n. 34.
(12) Lettera così modificata dall'art. 27, comma 1, della L.R. 5 dicembre 2005, n. 31.
(13) Articolo così sostituito dall'art. 22 della L.R. 29 marzo 2007, n. 4.
(14) Articolo così sostituito dall'art. 20, comma 1, della L.R. 4 novembre 2005, n. 25.
(15) Comma così modificato dall'art. 3, comma 1, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22.
(16) Comma inserito dall'art. 3, comma 2, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22, e così modificato dall'art. 26, comma 4, della L.R. 24 dicembre 2007, n. 34.
(17) Alinea così modificato dall'art. 16, comma 1, della L.R. 20 gennaio 2005, n.1.
(18) Lettera abrogata dall'art. 16, comma 2, della L.R. 20 gennaio 2005, n.1.
(19) Comma abrogato dall'art. 3, comma 3, lettera a), della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22.
(20) Comma già sostituito dall'art. 16, comma 4, della L.R. 20 gennaio 2005, n.1, e così modificato dall'art. 3, comma 4, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22.
(21) Comma già sostituito dall'art. 16, comma 5, della L.R. 20 gennaio 2005, n.1, e così modificato dall'art. 3, comma 5, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22.
(22) Comma aggiunto dall'art. 16, comma 6, della L.R. 20 gennaio 2005, n.1, e così modificato dall'art. 3, comma 6, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22.
(23) Comma già modificato dall'art. 16, comma 7, della L.R. 20 gennaio 2005, n.1, e così sostituito dall'art. 3, comma 7, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22.
(24) Articolo già modificato dall'art. 4 della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22, e dall'art. 16 della L.R. 20 gennaio 2005, n. 1, e così sostituito dall'art. 26, comma 5, della L.R. 24 dicembre 2007, n. 34. Si veda, inoltre, il comma 9 del medesimo articolo 26.
(25) Comma così modificato dall'art. 16, comma 12, della L.R. 20 gennaio 2005, n.1.
(26) Comma così modificato dall'art. 16, comma 13, della L.R. 20 gennaio 2005, n. 1.
(27) Comma così sostituito dall'art. 5, comma 1, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22.
(28) Comma inserito dall'art. 5, comma 2, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22.
(29) Comma così sostituito dall'art. 5, comma 3, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22.
(30) Comma abrogato dall'art. 5, comma 4, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22.
(31) Comma così sostituito dall'art. 5, comma 5, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22.
(32) Comma così modificato dall'art. 26, comma 6, della L.R. 24 dicembre 2007, n. 34.
(33) Comma così modificato dall'art. 16, comma 14, della L.R. 20 gennaio 2005, n. 1.
(34) Comma aggiunto dall'art. 16, comma 15, della L.R. 20 gennaio 2005, n. 1, e così sostituito dall'art. 26, comma 7, della L.R. 24 dicembre 2007, n. 34.
(35) Lettera così modificata dall'art. 6, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22.
(36) Comma così sostituito dall'art. 8 della L.R. 4 agosto 2006, n. 21.
(37) Lettera aggiunta dall'art. 20, comma 2, della L.R. 4 novembre 2005, n. 25, e così sostituita dall'art. 26, comma 8, della L.R. 24 dicembre 2007, n. 34.
(38) Comma inserito dall'art. 20, comma 3, della L.R. 4 novembre 2005, n. 25.
(39) Articolo così sostituito dall'art. 27, comma 2, della L.R. 5 dicembre 2005, n. 31.
(40) Comma così modificato dall'art. 27, comma 3, della L.R. 5 dicembre 2005, n. 31.
(41) Comma così modificato dall'art. 30, comma 4, della L.R. 15 dicembre 2003, n. 21.
(42) Lettera aggiunta dall'art. 45 della L.R. 15 dicembre 2003, n. 21.
(43) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 16, della L.R. 20 gennaio 2005, n.1.
(44) Comma così modificato dall'art. 35 della L.R. 2 luglio 2004, n. 11. Si veda inoltre, in deroga, l'art. 27, comma 4, della L.R. 5 dicembre 2005, n. 31 .
(15) Comma così modificato dall'art. 7, della L.R. 16 ottobre 2006, n. 22.
(46) Sostituisce il comma quarto dell'art. 5 della L.R. 10 giugno 1983, n. 56.
(47) Comma abrogato dall'art. 22 della L.R. 18 giugno 1999, n. 14. Sostituiva il comma 1 bis dell'art. 6 della L.R. 4 marzo 1991, n. 6.
(48) Comma abrogato dall'art. 22 della L.R. 18 giugno 1999, n. 14. Sostituiva il comma 1 ter dell'art. 6 della L.R. 4 marzo 1991, n. 6.
(49) Sostituisce la lett. a) del comma 1 dell'art. 4 della L.R. 27 maggio 1994, n. 18.
(50) Aggiunge la lett. g bis) al comma 1 dell'art. 4 della L.R. 27 maggio 1994, n. 18.
(51) Sostituisce il comma 3 dell'art. 12 della L.R. 20 giugno 1996, n. 12.
(52) Comma abrogato dall'art. 24 della L.R. 24 giugno 2002, n. 8.